Data
d'uscita: 19 Giugno 2015 (USA), 16 Settembre 2015 (Italia) Casa
di produzione: Disney Pixar Durata: 94 minuti
Spoiler
Alert: Per chi non avesse visto il film, la lettura di questo
articolo è caldamente sconsigliata. Distinti saluti, la Direzione
alias me.
Uscito
da poco nelle sale italiane, Inside Out si propone già come
uno dei candidati a film d'animazione dell'anno. L'ultima fatica
Disney Pixar ruota attorno ad una ragazzina, Riley, di cui seguiremo
le peripezie, dalla nascita agli 11 – 12 anni, attraverso il suo
cervello. Più specificamente, andremo ad immedesimarci nelle cinque emozioni
di base della mente umana: Gioia, Tristezza, Disgusto, Paura e
Rabbia. Tutte e cinque queste emozioni sono rese vive e personificate
ed incarnano il sentimento a cui appartengono: Gioia riesce a vedere
ogni cosa che accade nella vita di Riley come un avvenimento felice e
riesce sempre a trovare il buono nelle cose, Rabbia, d'altro canto,
perde quasi sempre la pazienza e difficilmente riesce a risolvere la
situazione in maniera tranquilla, e così via. Chiaramente, il film
nasconde dietro alla sua vena di umorismo e alla sua grafica
cartoonesca fatta di personaggi dagli occhi grandi e dai tratti soffici
un messaggio più profondo riguardo al mix delle emozioni che un
essere umano attraversa nella fase della crescita. Nel film, i ricordi
più importanti di Riley vengono chiamati “Ricordi Base” e sono
rappresentati sotto forma di piccole palline colorate. Essi
L'archivio della memorie a lungo termine.
vanno a
costituire l'ossatura principale della sua memoria a lungo termine:
ogni volta che la bambina si sentirà giù di morale, Gioia
provvederà a far ripensare Riley a uno di questi ricordi,
riaccendendo in lei la felicità. Inoltre, nel corso dei primi anni
di vita e grazie anche all'educazione impartitole dai genitori,
all'interno della mente di Riley si andranno a creare cinque
cosiddette “Isole”, assimilabili ai principi fondamentali della vita della bambina: quella dell'Onestà, quella della Famiglia,
quella dell'Hokey, quella dell'Amicizia e quella legata
all'immaginazione dei bambini. Tutto cambia quando la famiglia di
Riley si trasferisce a San Francisco: da qui in poi, il mondo
perfetto che Riley si era costruita in undici brevi anni di vita
inizia a crollare. Le emozioni non riescono più a controllare al
meglio gli eventi che accadono e ben presto Tristezza inizia a mettere
il suo zampino sui ricordi giornalieri di Riley. Nel proseguo del
film esso si spinge in un viaggio che ci porterà sempre più in
profondità nella mente umana, ed è qui che scatta il significato
nascosto, quello meno per bambini e che più fa riflettere. Nelle
profondità del cervello di Riley sono stipati e catalogati tutti i
ricordi che abbia mai pensato, ordinati in un enorme e labirintico
archivio dove degli esserini colorati decidono quali devono
scomparire, poichè occupano inutilmente spazio, e quali invece possono rimanere in uno dei tanto famosi
“cassetti” del nostro cervello. Con questo espediente il film
fornisce una spiegazione divertente riguardo al perché le nozioni
scolastiche non vengano assimilate bensì rimosse. Il fatto che la
nostra memoria a lungo termine venga rappresentata come un
intricatissimo labirinto è sensato se pensiamo che utilizziamo la
nostra mente soltanto al 20% di quanto potremmo in realtà e, molte volte, non riusciamo a venire a capo dei problemi che ci si pongono. Nei
minuti successivi il film si spinge sempre più avanti, fino a mostrarci una personale
rappresentazione del luogo nel quale dovrebbero essere conservate le
paure e del posto in cui vengono prodotti i sogni: il primo viene
chiamato subconscio, in omaggio alle istanze di Freudiana memoria, e
lì sono rinchiuse le paure di Riley, ovviamente esagerate
all'inverosimile. Ad esempio, un tizio vestito da clown che le aveva
fatto molta paura nei primi anni della sua vita è rappresentato, nel
suo subconscio, come un essere goffo e gigantesco che distrugge qualsiasi cosa al suo passaggio. Nella Cineproduzione
Sogni, invece, ogniqualvolta Riley va a dormire degli
La cineproduzione dei sogni.
“attori” in carne ed ossa interpretano un copione, diverso di volta in volta in base
alle esperienze vissute dalla bambina nel corso della giornata, su un
vero e proprio set cinematografico. Queste due rappresentazioni, che
a prima vista possono sembrare degli artefici colorati per
impressionare i bambini, sono in realtà un modo diverso per
interpretare, se vogliamo, questioni psicanalitiche. Infine, nella
parte più oscura e remota della nostra mente, chiamata “abisso”, si trovano quell'enorme quantitativo di ricordi che, presto o tardi,
svaniranno per sempre. Quella che Inside Out fa è una
rappresentazione visivamente leggera e frivola della mente di un
bambino, ma alcune piccole chicche fanno capire di come il film possa essere letto a più strati. Esso può essere tranquillamente visto come l'ottimo
film d'animazione che è, ma se vorremmo trovarci qualcosa “di più”
ci basterà allora prestare attenzione al come tutti gli
aspetti della nostra mente vengano rappresentati in un modo davvero
molto originale e meritevol. Questo è uno di quei casi
in cui l'apparenza può ingannare, ed il mio consiglio è di
visionare il film un paio di volte per goderselo una prima come film
d'intrattenimento, mentre la seconda per prendere atto del lavoro
svolto da Disney Pixar nel creare un mondo cartoonesco ma plausibile e dotato di spunti originali analizzando l'interno del cervello di una bambina.
Prefazione.
Con l'avvento di Playstation 3 e Xbo360 si è assistito ad un
progressivo declino della difficoltà nei videogiochi: in
un'industria videoludica sempre più votata all'appagamento del
videogiocatore e che persegue come obiettivo primario il rilassamento
dello stesso, vere e proprie perle come la saga dei “Souls”
risultano essere rare come mosche bianche. Il brand nasce nell'anno
di grazia 2009 ad opera dello studio nipponico From Software, capeggiato dal visionario Hidetaka Miyazaki. Con lui in cabina di
comando, i titoli sfornati sono due: Demons' Souls e Dark
Souls. Il più recente Dark Souls II, invece, non è stato
diretto da Miyazaki e i risultati, a detta dei fan del brand, si sono
visti. Andiamoci quindi ad interrogare sul successo dei giochi Souls'
like in questo articolo, ed addentriamoci insieme in un mondo oscuro
e pericoloso come non se ne sono mai visti prima...
Fu
subito chiaro a tutti che Demons' Souls non era il solito
Gioco di Ruolo: la barra della vita si dimezzava alla prima morte, e
l'unico modo per ottenere la metà perduta era quella di
uccidere un
boss (operazione tra l'altro non semplice); le anime, ovvero la
valuta del gioco utile ad acquistare oggetti e ad eseguire il level –
up, veniva perduta ad ogni morte e, alla seconda uccisione di fila,
l'evento diventava permanente; ogni nemico aveva la possibilità farti a pezzi con pochi attacchi; l'ambiente in cui ti muovevi giocava
nettamente a tuo svantaggio e, dulcis in fundo, la progressione non
era lineare, cosa che portava spesso ad incontri poco graditi. A fare
da corollario a questo ben poco invitante scenario c'era una trama
appena accennata durante il gioco che andava dipanandosi man
mano che il videogiocatore esplorava le varie ambientazioni e parlava
con gli NPC presenti, scoprendo parte del loro passato e della
situazione di Boletaria, il regno che funge da scenario per il
titolo. Come vi sarà sicuramente capitato di pensare leggendo queste
poche righe, gli elementi cardine di ogni titolo Souls' like ci sono
tutti, e ancora oggi è difficile immaginare come un videogioco che
fa della difficoltà tarata al massimo il suo maggior punto di forza
sia riuscito a costituirsi un così fedele zoccolo duro di fans.
Ebbene, una delle prime spiegazioni che potrei fornirvi, che secondo
me è anche una sulle quali bisogna maggiormente riflettere poiché
non è una delle più ovvie e immediate, risiede nella soddisfazione che il
videogioco procura dopo che si è riusciti a superare con successo
una determinata area o si è finalmente ucciso un nemico
particolarmente coriaceo. Ponete a voi stessi questa domanda: “Quando
è stata l'ultima volta che sono stato veramente soddisfatto delle
mie imprese videoludiche?” Una possibile risposta potrebbe essere
“Quando ho raggiunto il quinto prestigio a Call of Duty”, oppure
il vostro cervello potrebbe suggerirvi un più umano “Quando sono
riuscito a collezionare tutte le piume di Assassin's Creed II”, o
ancora “Quando ho portato la Società Calcio e Panini al Salame
Foggia in finale di Champions nell'ultimo FIFA”. Tutte queste
risposte sono chiaramente lecite, in quanto la percezione della
soddisfazione per un'impresa compiuta varia da persona a persona, e di
conseguenza anche da videogiocatore a videogiocatore, ma vi dirò una
cosa: non ho mai trovato nessuno che si galvanizzasse
come dopo aver completato con successo un gioco della serie Souls. Il
modus operandi è sempre lo stesso: inizi il gioco, scegli la classe, che è solo indicativa e non vincolante,
affronti il tutorial e muori. Rinasci, affronti nemici un po' meno
ostici e pensi di averci preso la mano. Arrivi al boss di fine
livello e muori. Rinasci, ci riprovi, e muori di nuovo. Quando
finalmente, dopo innumerevoli tentativi ed improperi ad ogni
divinità esistente riesci ad ucciderlo, il tuo ego
si dilata a dismisura, e
ti senti come Sting dopo che è riuscito a padroneggiare i segreti
del sesso Tantrico. Dopodichè, arrivi in una nuova area e il ciclo
si ripete, inesorabilmente. Ogni sforzo viene ripagato, ogni goccia
di sudore che cade sul joypad utilizzata bene. Questo, oltre allle
meccaniche pressochè perfette del combat system, a degli ambienti
sempre originali ed interconnessi tra di loro in maniera a volte
geniale e alla possibilità di approcciarsi al gioco in maniera
sempre differente anche semplicemente cambiando arma, costituisce una
delle principali chiavi del successo di Demons' Souls. Con il
suo successore spirituale i pregi della saga, se possibile, vengono
enfatizzati: Dark Souls è infatti il miglior episodio della
saga, nonché precursore di numerosi imitazioni che usciranno negli
anni avvenire (Chi ha detto Lords of The Fallen?). Se non ci
avete mai giocato, andatevelo a recuperare. Sarebbe inutile
descrivere in questa sede le meccaniche di gioco o anche solo
anticiparvi qualche chicca, perchè il fulcro dell'esperienza risiede
nell'esplorazione libera di un vasto mondo open world che concede una
varietà di approcci davvero eccellente sin dal primo momento in cui
si metterà piede a Lordran. Vi dirò solo che dopo aver battuto
Ornstein e Smough il mondo vi sembrerà un posto un po' più bello
dove vivere, e apprezzerete anche i maleodoranti gerani sul balcone
della vostra vicina. Ma purtroppo, come si sa, non sempre le belle
storie hanno un lieto fine. Il caso di Dark Souls II, (link
della mia recensione, ndr.: http://nicolabertilotti.blogspot.it/2014/05/dark-souls-ii-ebbene-si.html) sotto questo punto di vista, è
emblematico: come già accennato nella prefazione, lo sviluppo del
titolo non è stato condotto in prima persona
da Hidetaka Miyazaki, e ciò è stato fin da subito palese: il level design della mappa di gioco
(Drangleic) appare più piatto e lineare, inoltre soffoca la libertà
d'azione del giocatore che, anche se avrà la sensazione di poter
iniziare il proprio viaggio da dove vuole e proseguirlo come più gli
piace, sarà condotto inesorabilmente a compiere un percorso similare
a quello di ogni altro utente; molte meccaniche a livello di gameplay
stonano con il contesto generale (per dirne una, sono stati aumentati
a dismisura i tipi di roll (schivata) disponibili, cosa che va a
complicare in maniera esagerata la gestione del peso
dell'equipaggiamento, parametro fondamentale per ogni giocatore di
Dark Souls); e molte delle situazioni proposte sanno di già
visto. Seppur il successo di pubblico abbia confermato Dark Souls
II come una delle IP più prolifiche anche appartenendo ad un genere
ritenuto di nicchia, la critica non ha avuto dubbi sul ritenere questo
nuovo capitolo un netto passo indietro rispetto al primo Dark
Souls. C'era bisogno di un cambiamento, ma nessuno si aspettava
che sarebbe stato così netto...
24
Marzo 2015. Nei negozi esce Bloodborne, ultima fatica From
Software rilasciata in esclusiva Sony. Niente scudi. Niente magia.
Niente peso dell'equipaggiamento e niente diversificazione dei roll.
Arma secondaria: una pistola con la quale stordire per breve tempo i
nemici e mettere a segno un devastante colpo critico. Il ritmo è frenetico, gli avversari aggressivi, il gameplay
straordinario. From Software realizza di nuovo un qualcosa di
sorprendente: reinventare il genere da loro stessi creato in una
maniera totalmente nuova ed inaspettata, ed il piano riesce. Il team
Confeziona il miglior GDR per Playstation 4 e incamera così un
nuovo successo. (link della mia recensione, ndr.: http://nicolabertilotti.blogspot.it/2015/07/bloodborne- )
Sembrava
impossibile, ma il “miracolo” è successo. Bloodborne è un
titolo che ha messo tutti d'accordo. O forse no? Che cosa odono
le mie orecchie? Che cosa sono queste... Voci che chiedono
insistentemente un ritorno della saga di Dark Souls? I fan non sono
forse rimasti scottati dall'ultima cocente delusione? A quanto pare
no, ma che cosa deciderà di fare From Software? Che cosa deciderà
di fare Miyazaki? Semplice: all'E3 2015, dopo una serie
incontrollabile di rumors più o meno veritieri, viene annunciato
Dark Souls III. Un fugace trailer in CG di appena un minuto
basta per far speculare gli amanti della lore (trama ambientale) per
ore e a riaccendere un entusiasmo mai sopito. Nei mesi successivi si
susseguono poi trailer più estesi, brevi scorci di gameplay e
interviste al creatore (nonché papà) della saga, che afferma che il
team farà tesoro dell'esperienza conseguita con Bloodborne
per offrire un'esperienza più veloce e rapida, un ibrido tra le
meccaniche di combattimento più lente e ragionate dei due Dark
Souls precedenti e quelle più veloci e istintive dell'esclusiva
Playstation 4. Ancora una volta il fulcro dell'esperienza sarà la
difficoltà tarata verso l'alto e l'esplorazione degli ambienti. Mi
rimane poco altro da aggiungere e mi avvio quindi a terminare questo articolo, che a voi sarà forse sembrato inconcludente,
eppure io ho provato una sensazione molto simile a quella di
sconfiggere un boss in uno dei giochi From Software: la
soddisfazione. E credo che sarà la stessa sensazione che proverò
quando, a Marzo, potrò finalmente mettere le mani su Dark Souls
III, nuova incarnazione di un vecchio modo di fare giochi che
oramai sembra lontano e sbiadito. Sarò contento di ravvivare di
nuovo la Fiamma.
Data di
messa in onda: 2009 - 2010 Prodotto da: Studio Bones Durata:
64 episodi (23 minuti l'uno) Tratto da un'opera di : Hiromu
Arakawa Prefazione.
FullMetal
Alchemist nasce come fumetto giapponese nel 2001. Scaturito dalla
penna di Hiromu Arakawa, il manga viene pubblicato in patria da
Square Enix, mentre in Italia la traduzione e l'adattamento sono a
cura di Planet Manga. Il fumetto ha come protagonisti i due fratelli
Elric, Alphonse ed Edward, i quali, a seguito di una trasmutazione
umana andata male, perdono parte del loro corpo nella procedura
alchemica. Da qui inizia il loro viaggio alla ricerca di una Pietra
Filosofale, un artefatto leggendario che si dice custodisca un
immenso potere alchemico. Esso si intreccerà poi con vicende ben più
grandi di quanto i due fratelli Elric immaginassero, conducendoli a
scoprire il vero volto di Amestris, la nazione in cui vivono. Quello
che andrò a prendere in esame oggi, però, non sarà il primo numero
del fumetto della Arakawa, bensì il pilot della serie animata denominata
“Brotherhood”, più recente e più fedele agli avvenimenti del
manga (creata a seguito delle proteste dei fan visto la
direzione presa dalla prima serie animata). Saprà l'anime raccontare
le vicende del manga rendendo ad esse giustizia e, magari,
arricchendole?
Non
appena l'episodio incomincia facciamo subito la conoscenza di due
personaggi che saranno fondamentali nel proseguo dell'anime: il
Colonnello Roy Mustang e il Comandante Supremo Bradley, a colloquio
riguardo la presenza di Isaac McDouglas, l'Alchimista di Ghiaccio, a
Central City. Quasi simultaneamente ci vengono presentati i due
fratelli Elric, Alphonse ed Edward. Dopo la opening iniziale i due
fratelli si scontrano con Isaac e riescono
a catturarlo, ma questi
subito riesce a fuggire. Quando gli Elric si riuniscono al Colonnello
Mustang al Quartier Generale di Central City, scopriamo che Isaac è
un ex – Alchimista di Stato che, dopo una misteriosa guerra alla
quale viene solo accennato, si è unito alla fazione degli oppositori
all'attuale governo. Successivamente, nella stanza fa il suo ingresso
il tenente Miles Hughes, simpatico ufficiale dell'esercito che subito
invita i due fratelli Elric a casa sua come ospiti. Nel frattempo, il
fuggitivo Isaac si introduce nella prigione di Central City e qui
conversa con un misterioso individuo, Kimbley detto l'Alchimista
Cremisi, riguardo alla possibilità di spodestare una volta per tutte
il potere detenuto da Bradley. Il giorno successivo all'arrivo degli
Elric tutta Central City è in fermento: il Colonnello Mustang non
transige l'intrusione di Isaac all'interno della prigione. L'uomo ha
la sfortuna di incrociare sulla sua strada il Maggiore Armstrong, ma McDouglas è
lesto a sfuggire ai pugni dell'Alchimista di Stato. Isaac si rifugia
quindi su un tetto, ma qui viene braccato dal Colonnello Mustang in
persona, che gli intima di arrendersi. Sfruttando delle tubature lì
vicino l'Alchimista di Ghiaccio crea un corridoio gelato grazie al
quale riesce ancora una volta a sfuggire alle grinfie dell'esercito.
Fuggendo disperatamente, l'uomo si ritrova ancora una volta faccia a
faccia con Edward Elric in un vicolo. Scopriamo quindi che Ed ha un
auto – mail, ovvero una protuberanza meccanica, al posto del
braccio destro. Da ciò Isaac deduce che i due fratelli abbiano
fatto “ciò che è proibito” e, per la prima volta, viene
nominata la Pietra Filosofale. Parte quindi un breve flashback, che
verrà poi approfondito in seguito, dove vediamo i piccoli fratelli
Elric alla prese con il più grande fallimento della loro vita:
nella
loro casa non ci sono segni di vita, ma solo quelli di un peccato mortale:
una trasmutazione umana finita male. A questo punto dell'episodio, il
piano di Isaac è chiaro: disegnando vari cerchi alchemici (la fonte
del potere di ogni alchimista) in diversi punti strategici della
città, l'uomo vuole congelare tutta Central City. L'ennesimo scontro
tra gli Elric e Isaac non risulta ancora essere decisivo anche se,
finalmente, Edward riesce a ferire l'Alchimista di Ghiaccio, il quale
però si da nuovamente alla fuga. Rintanatosi in un vicoletto, ciò
che si para davanti ad Isaac ha la forma di una visione lapidaria:
King Bradley. Isaac prova a riversare l'odio di una vita in un
singolo attacco, ma il Comandante Supremo lo schiva con una velocità
impressionante e, con un singolo affondo di spada, lo uccide. Infine,
il Colonnello Mustang e Armstrong riescono a sventare il piano di McDouglas grazie alla loro alchimia. In conclusione
dell'episodio vediamo due misteriose figure confabulare tra loro:
un'avvenente femme fatale in abito lungo e uno strano figuro intento
a sbranare un qualche tipo di carcassa: Gluttony.
Punti
Fondamentali.
Storyline.
Seppur non sia palese fin dal primo episodio, la trama di FullMetal
Alchemist
si dipana su più livelli: da una parte abbiamo la missione dei
fratelli Elric, i quali stanno cercando un modo per produrre una
Pietra Filosofale, un potente catalizzatore alchemico. Da un altro
lato abbiamo la trama riguardante l'esercito di Amestris, portata
avanti soprattutto dall'arrivismo dimostrato dal Colonnello Mustang.
Infine, abbiamo le motivazioni che spingono i cattivi, i cosiddetti
Homonuculus, ad agire in un certo modo. L'Arakawa è riuscita quindi
a creare un'opera “a strati”, che non si limita a portare avanti
un'unica trama principale, bensì la divide in macro – aree tutte
ben concatenate tra loro e che, alla fine, si congiungono senza buchi
di alcuna sorta. Nell'adattamento animato questo fatto risalta ancora
maggiormente, in quanto lo Studio Bones si è premurato di eliminare
le parti che rallentavano la progressione della storia, rendendo il
tutto più snello. La complessità e la bellezza della trama, unita
alle migliorie apportate dallo Studio Bones, rendono FullMetal
Alchemist: Brotherhood
un'opera eccezionale sotto il profilo della storyline.
Stile.
L'anime è abbastanza recente (2009 – 2010) e ciò si nota
soprattutto nella qualità delle animazioni, sempre eccellenti e
adatte ad ogni situazione. Lo stile dei disegni, inoltre, ricalca
alla perfezione quello dei personaggi disegnati dall'Arakawa, e se a
questi pregi uniamo delle opening (sigle inizali) ed ending (sigle
finali) eccellenti, un doppiaggio molto convincente e, in generale,
una qualità altissima per tutte le 64 puntate che compongono la saga
(con alcuni picchi davvero eccezionali verso la metà della serie),
non si può che rimanere pienamente soddisfatti dall'offerta.
Personaggi.
Come ogni shonen manga che si rispetti, i personaggi di FullMetal
Alchemist
rivestono un'importanza fondamentale all'interno dell'opera. I due
protagonisti sono due “tipi” abbastanza classici: Edward è il
ragazzino impetuoso e talentuoso che si fa trascinare dall'entusiasmo
e dall'istinto, mentre Alphonse è più riflessivo del maggiore ma
anche più debole. Ovviamente, il fatto che Al sia completamente
ricoperto da un'armatura e che le sue dimensioni gigantesche
dovrebbero avvantaggiarlo in combattimento costituisce un
interessante ribaltamento di fronte tra personalità interiore e
aspetto esteriore. Ciò che maggiormente colpisce dell'opera
dell'Arakawa è la profondità dei "personaggi secondari", se così
possiamo chiamarli: il Colonello Mustang, il Tenente Miles Hughes,
gli Homonculus e via discorrendo hanno tutti la capacità di farsi
ricordare e di costituire qualcosa di originale nel panorama dei
manga. Anche sotto questo versante, quindi, l'opera è da
considerarsi su ottimi livelli di eccellenza.
Consigliato?
Assolutamente Sì. FullMetal Alchemist è uno dei migliori shonen
manga in circolazione, inutile girarci attorno: unisce combattimenti
avvincenti e spettacolari ad una trama originale e ben scritta, e
inoltre la contropartita animata rende giustizia al fumetto. Non c'è
alcun motivo, quindi, per non consigliare la visione di questo anime,
che è anche relativamente corto, se non nella sua interezza almeno
nelle prime puntate, di modo che possiate saggiare con mano la bontà
del prodotto. Dategli una possibilità, e FullMetal Alchemist non vi
deluderà, ne sono certo.
Data di inizio e fine trasmissione: 25, 26, 27 Febbraio 2015 (negli Stati Uniti) Numero di puntate: 3; 80 minuti ciascuna. Conclusa? Sì.
Prefazione. Sons of Liberty è una serie Tv di recente produzione ambientata a Boston durante l'inizio della Prima Guerra d'Indipendenza Americana (1775 – 1783), la quale porterà alla Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti d'America nel 1776. Protagonisti della serie sono un gruppo di uomini e donne che agiranno all'inizio in segreto, da ribelli, e verranno infine additati come eroi nazionali. Andiamo a scoprire insieme il pilot di questa serie Tv uscita sottotraccia e vediamo se avrà invece tutte le carte in regola per essere considerata un'ottima miniserie.
Siamo nel 1765, e i non ancora Stati Uniti d'America sono dilaniati dalle guerre tra bande rivali, le quali imperversano in ogni quartiere, specialmente nei sobborghi malfamati e nei quartieri più poveri. Tutti, però, sembrano bene o male perseguire lo stesso obiettivo: la Rivoluzione. Alle truppe britanniche stanziate sul suolo americano, infatti, non interessano gli scontri tra civili, purchè essi paghino le imposte dovute alla Corona.
In mezzo al fermento, un drappello di Giubbe Rosse si muove per cercare Samuel Adams, un esattore delle tasse che lavora per conto della Corona e che, si dice, sia insolvente per una grossa somma di denaro. Quando lo trovano, nel seminterrato di una taverna, l'uomo fugge sfruttando la sua agilità e semina così i suoi inseguitori. Veniamo poi a sapere che Samuel, conscio della situazione degli abitanti di Boston, non fa pressione sugli stessi per ottenere il denaro che devono alla Corona, e così Re Giorgio ha deciso, per punizione, di far pendere sulla testa di Samuel i loro debiti irrisolti. Da quel momento in poi vi è una climax di eventi, che comincia con Samuel che diventa a tutti gli effetti un ricercato dell'Impero Britannico, e che culmina con la distruzione della magione del Governatore Thomas Hutchinson da parte di alcuni facinorosi coloni. Dopo questa rappresaglia, chiaramente, il pugno di ferro sugli abitanti di Boston viene stretto ancora di più, e molto spesso vengono separati padri di famiglia dalle loro mogli e figli, anche se il ritardo nei pagamenti è solo di qualche giorno. Il Governatore Hutchinson si rivolge a John Hancock, importante uomo di affari, con la scusa di aver intrattenuto in passato proficui rapporti di lavoro con il padre, promettendo all'affarista una minore gravosità delle imposte sulla sua merce. In cambio Thomas chiede quindi a John di aiutarlo a sistemare una volta per tutte Sam, ordine che il signor Hancock esegue di malavoglia proponendo soldi al sovversivo Adams in cambio della cessazione di ogni sua attività. Si scopre poi che al Governatore, in realtà, non interessa la situazione economica di Hancock, che di conseguenza si ritroverebbe a navigare in cattive acque. Perciò, Adams e John si ritrovano essere, da nemici, alleati. Inizia così la costruzione di un vero e proprio mercato nero parallelo a quello ordinario nel quale coloro che sono favorevoli ad una ribellione contro l'impero britannico si riconoscono grazie all'aiuto di una particolare moneta e, tramite il passaparola, sono sempre più numerose le persone facenti parte di questo gruppo. Dopo poco, però, vista anche la precarietà del sistema di riconoscimento
adottato da Samuel e i suoi, il gruppo di sovversivi viene scoperto e l'ordine viene riportato tramite azioni di forza delle Giubbe Rosse. L'impero Britannico decide inoltre di concedere l'abilitazione al commercio solamente ai negozi lealisti verso la Corona, e così Samuel decide, contrariamente al parere di Hancock, di boicottare tali negozi marchiando le porte con una “T” dipinta con vernice bianca, di modo che si riconoscano le attività fedeli a Re Giorgio. Nel frattempo, l'Impero decide anche di mettere sulle tracce di Adams un giovane Benjamin Franklin, che corrisponderà con i suoi contatti a Londra in merito al problema Adams. Nell'alternarsi di scontri, violenze e azioni illegali che servono a portare avanti il mercato nero, un bambino molto caro a Samuel e a tutti i ribelli rimane ucciso durante una protesta sotto la casa di un uomo fedele all'Impero. La morte del ragazzo, causata da uno sparo avvenuto sulla folla inerme proprio ad opera dell'uomo minacciato, è la molla scatenante dei successivi conflitti che dilagheranno poi in tutte le colonie: Samuel è deciso a dare per sempre un taglio alla dipendenza di Boston dall'Impero, e così lo sono tutti gli uomini pronti a seguirlo.
Punti Fondamentali.
Storyline. Le tre puntate che compongono questa miniserie hanno una durata di circa un'ora e venti minuti, e di conseguenza la storia ha tempo per svilupparsi, mischiando eventi storicamente accaduti (come ad esempio il Boston Tea Party, famoso episodio che vide i “Sons of Liberty” buttare a mare decine di tonnellate di tè, con un danno che si stima fosse di migliaia di dollari) ad altri chiaramente più romanzati, come l'uccisione del bambino amico di Samuel durante una protesta in piazza, che fungerà da causus belli per la fase più accesa della ribellione. Per quanto riguarda la parte della trama, quindi, c'è poco da dire, ma è doveroso porre l'enfasi su come i fatti vengano narrati in maniera convincente, riuscendo a creare quindi un mix tra fantasia e storia che coinvolge e porta lo spettatore a volersi bere tutta d'un fiato questa mini - serie.
Stile. Una cosa che salta subito all'occhio di Sons of Liberty è la cura per i dettagli. Tutto, dai costumi, agli edifici, alle navi, alle uniformi delle Giubbe Rosse, e perfino gli interni, è stato rappresentato con una maniacale cura, grazie anche ad una minuziosa ricostruzione storica. Ciò contribuisce a creare una atmosfera realistica e plausibile che da l'illusione di trovarsi realmente in una colonia del XVIII° secolo. Un plauso va quindi fatto sia agli scenggiatori che ai costumisti, ma anche agli attori che, seppur non eccellendo con prestazioni memorabili, riescono ad interpretare i loro ruoli in maniera convincente e adatta al contesto in cui i personaggi da loro incarnati si muovono. Unica critica che va mossa a questa miniserie è l'utilizzo di telecamere a mano e non fisse, cosa che comporta un leggero ed incessante movimento dell'inquadratura che, alla lunga, può dare fastidio.
Personaggi. Tutti i personaggi che appaiono in Sons of Liberty sono storicamente esistiti, ed è quindi un'impresa ancor più ardua dare ad essi una caratterizzazione che possa risultare plausibile se inserita in un determinato contesto storico. Per fortuna, la mini – serie riesce nel suo intento proponendoci, ad esempio, un Samuel Adams, capo dei Figli della Libertà, molto credibile con il suo carattere istintivo e votato al pensiero fisso per il prossimo, o ancora uno stereotipato Governatore Lealista (Thomas Hutchinson) che riesce ad incarnare molto bene il ruolo di “cattivo” del primo episodio. Il punto debole di Sons of Liberty sono forse i comprimari, ovvero quei personaggi secondari che, a causa dell'esigua lunghezza della serie, non riescono a spiccare e a farsi ricordare da chi guarda. Nel complesso, però, anche sotto il versante dei personaggi il lavoro svolto è da considerarsi molto buono.
Consigliata? Sì.
Sons of Liberty non è una serie perfetta, poiché non ha attori in grado di proporci prestazioni fenomenali e poiché si basa su un preciso periodo storico che non a tutti può piacere, eppure risulta essere ampiamente godibile e d'intrattenimento, tanto che non ci si annoia mai per tutta la durata di un episodio. Inoltre, i pregi sono molto più dei difetti, e tirando le somme mi sento di poter affermare che Sons of Liberty potrebbe tranquillamente essere vista sia di chi è in cerca di un'opera che parli specificamente dei Figli della Libertà, sia da chi non ha idea di chi essi fossero e che cosa hanno fatto per l'indipendenza delle Colonie dalla Corona. In conclusione, a questa mini – serie non può che andare un giudizio più che positivo: consigliata.
La saga di
Darksiders vede
la luce nel 2010. Pubblicato dall'oramai deceduta THQ e sviluppato da
Vigil Games, il titolo doveva essere il progenitore di una
quadrilogia che avrebbe avuto come protagonisti i 4 Cavalieri
dell'Apocalisse, ovvero Guerra, Morte, Carestia e Pestilenza.
Purtroppo a fare la loro apparizione sulle console domestiche e su PC
sono stati solamente i primi due, in quanto i giochi non hanno avuto
il successo di pubblicoche meritavano. Sostanzialmente, il primo
titolo della saga è un action – adventure in terza persona che
strizza l'occhio ai grandi classici del genere, richiamando alla
memoria dei giocatori di lungo corso titoli come i vari The
Legend of Zelda
o i più recenti God
of War. Gli
elementi che maggiormente caratterizzano il titolo sono dei
combattimenti veloci e dinamici, dove un tasto è assegnato ad un
attacco veloce, un altro all'attacco potente e così via, rendendo
quindi possibile concatenare gli attacchi fino a creare delle combo.
Sono inoltre presenti sia la schivata laterale sia la parata, e
accumulando anime dai nemici sconfitti sarà possibile acquistare sia
nuovi potenziamenti, sia nuove tecniche che andranno ad incidere
notevolmente sull'esito dei vari combattimenti. Un ruolo fondamentale
nell'esperienza di gioco lo rivestirà l'esplorazione: controllare
attentamente ogni anfratto della mappa, infatti, potrà svelarci
preziose reliquie che andranno a potenziare ulteriormente
l'equipaggiamento a nostra disposizione o che potremo direttamente
rivendere a Vulgrim, un demone assetato di anime che ci concederà i
suoi servigi in cambio della preziosa valuta. Vulgrim inoltre
sbloccherà, in una fase un po' più avanzata del gioco, i Varchi
Serpentini, ovvero speciali corridoi situati in una dimensione
alternativa che fungeranno da teletrasporto. Come già accennato
poc'anzi, nel corso dell'avventura recupereremo alcune armi
alternative rispetto alla nostra “main weapon”, ovvero lo
spadone: avremo quindi accesso ad uno shuriken, con il quale sarà
possibile colpire più nemici contemporaneamente attendendo il suo
ritorno, in una maniera di utilizzo similare a quella di un
boomerang, ma anche a delle pistole, utili per colpire a lungo
raggio, e perfino ad una specie di arpione con il quale sarà
possibile agganciare e colpire i nemici più grandi o attirare verso
di noi quelli di dimensioni più esigue. Il titolo non è
caratterizzato soltanto da combattimenti, in quanto numerose volte
saremo chiamati a risolvere enigmi ambientali sfruttando di volta in
volta un congegno diverso, tra cui figura anche uno speciale guanto
che può creare due portali, uno arancione ed uno blu, con i quali
potremo collegare diversi punti dello scenario. Ricorda nulla? Per
quanto riguarda la trama, il titolo ruota attorno alla storia di
Guerra che è stato chiamato troppo presto ad intervenire per frenare
la guerra tra Inferno e Paradiso ed ha quindi creato scompensi
nell'Equilibrio. Conseguentemente si scoprono le colpe dell'Arso
Consiglio, ovvero il consesso di coloro che possono decidere le sorti
dei Nephilim, il quale però chiede a Guerra di rimediare all'errore
commesso ribaltando la realtà delle cose. Le vicende vengono narrate
da brevi cinematic che utilizzano la stessa grafica del gioco e vanno
a costituire una trama tutto sommato godibile, anche se in alcuni
tratti un po' fine a se stessa. Per quanto riguarda la realizzazione
tecnica, per essere un gioco del 2010 Darksiders
se
la cava egregiamente, mostrando a schermo un mondo molto vario e dai
colori vividi e brillanti a tratti, e spenti e smunti in altri. Le
texture sono quelle che sono date le possibilità tecniche di 5 anni
fa, ma non si registrano particolari difetti tecnici quali pop – up
e tearing. A fare la parte del leone nel comparto tecnico del titolo
è invece lo stile, grazie anche ad un character design a dir poco
meraviglioso che garantisce ai personaggi principali e non fattezze
difficilmente dimenticabili che ci aiuteranno a ricordare con piacere
le sembianze di uno dei protagonisti del titolo. Darksiders
era
ed è tutt'oggi un ottimo titolo, i cui punti di forza sono
sicuramente superiori ai difetti, che possono essere riassunti in un
richiamo un po' troppo palese ad altri titoli e ad una generale
lentezza di alcune situazioni di gioco. Si erano venute a creare
quindi molte aspettative per il seguito diretto, Darksiders
II,
uscito per console e pc nel 2012 e sempre prodotto da THQ. Il titolo
apportava diverse nonché sostanziali modifiche al gameplay del primo
capitolo: Morte, il nostro protagonista e secondo Cavaliere
dell'Apocalisse, dispone di una maggiore varietà di mosse e di
animazioni più fluide e veloci rispetto a quelle di Guerra,
soprattutto per quanto riguarda le arrampicate sui muri, i salti e le
schivate. Inoltre il gioco è fornito di un sistema di drop casuale
di pezzi di equipaggiamento, 30 livelli di esperienza, due distinti
rami di abilità con più di venti skills tra cui scegliere e diverse
armi secondarie ad aggiungere varietà. L'anello debole della catena,
per quanto riguarda il secondo episodio della saga THQ, è la
componente narrativa, nemmeno lontanamente interessante come quella
del primo capitolo della saga e fin troppo piena di eventi messi lì
per allungare il brodo. Comunque sia, Darkisders
II
assomiglia in tutto e per tutto ad un classico action – gdr, svolta
che però non pare essere stata accolta bene dal pubblico, vista la
scarsità delle vendite. Nonostante fosse un ottimo gioco, infatti, e
seppur abbracciando un genere diverso rispetto al suo predecessore,
probabilmente è un titolo migliore, ma la storia della saga si ferma
qui. THQ ha chiuso i battenti nel 2013 ed ha dovuto cedere i diritti
di tutte le sue IP di maggior successo ad altre software house,
compresa quella di Darksiders,
finita in mano a Nordic Games. Seppure uno dei fondatori di Platinum
Games, Atushi Inaba, abbia detto di essere interessato all'IP in
questione, non c'è ancora nulla di concreto all'orizzonte. L'unica
buona notizia per i comunque molti fan della serie (me compreso) è
che, a breve, uscirà un'edizione rimasterizzata del secondo
capitolo, intitolata “Darksiders II: The Deathinitive Edition”
che, a detta proprio di Nordic Games, sarà ben più che un update in
full HD del titolo originale, bensì aggiungerà modifiche anche al
gameplay per renderlo alla pari delle più recenti release per
console next - gen. Se questa operazione commerciale avrà il
successo sperato, forse Nordic si convincerà a lanciare un terzo
capitolo della saga: non ci resta, quindi, che attendere fiduciosi la
venuta dei Cavalieri dell'Apocalisse.
Data di inizio messa in
onda: 2005 Stagioni: 9; 20 – 24 puntate da 21 minuti
ciascuna Conclusa? Sì, nel 2014
Prefazione.How I Met
Your Mother è una sitcom americana che racconta le vicissitudini
di Ted Mosby, architetto della Grande Mela, e dei suoi tre più cari
amici: Marshall e Lily, innamorati fin dai tempi del college, e Barney
Stinson, un ricco donnaiolo che conta più di 600 avventure con partner diversi.
La loro vita e soprattutto quella di Ted viene sconvolta dall'arrivo
di Robin, una reporter canadese che lavora per l'emittente televisiva
MetroNews One. Da quel momento in poi gli eventi si susseguiranno in
maniera incontrollabile, avendo come pilastro portante il rapporto di
amicizia e di vivo affetto che legherà i cinque protagonisti di
questa serieTv. Esaminiamo assieme il leggen – wait for it –
dario pilot [Citazione per chi segue la serie, ndr. ] della serie e
scopriamo se How I Met Your Mother saprà conquistarci fin
dall'inizio e spingerci quindi a recuperare tutte e nove le sue
stagioni.
L'episodio si apre con
un'inquadratura su due ragazzi, che si scopre immediatamente essere i figli di Ted
Mosby, il quale è anche il nostro narratore. Questa parte della
sitcom è infatti ambientata nel 2030, e gli eventi che noi vediamo
rappresentati per la maggior parte del tempo altro non sono che un
flashback. Si torna quindi nell'anno di grazia 2005, dove uno
scapestrato e
ancora single Ted Mosby è preoccupato per la decisione
dei suoi due migliori amici, Marshall e Lily, di fidanzarsi
ufficialmente dopo tanto tempo. Ted teme ifnatti che i due possano
metterlo da parte, visto che i tre ragazzi hanno sempre abitato nello
stesso appartamento e tra lui e Marshall vi è un rapporto di
amicizia quasi fraterno. Nella scena immediatamente successiva
facciamo la conoscenza di Barney, l'anima del gruppo, che invita Ted
da Mclaren, il pub nel quale il gruppo si riunirà spesso, e lo
ascolta parlare delle sue paure riguardo il matrimonio e il terrore
di rimanere single per tutta la vita. In quell'istante fa la sua
entrata in scena Robin, e Ted viene immediatamente folgorato dalla
sua solare e genuina bellezza. Barney aiuta Ted a rompere il ghiaccio con
Robin, la quale rifiuta il suo primo invito a cena per il week –
end successivo poiché sa già che sarà impegnata per un servizio
per la sua emittente televisiva, ma alla fine cede alle insistenze
del ragazzo e concordano quindi un'uscita per una cena romantica la sera
successiva al loro primo incontro. Alla fine della serata i due hanno
stretto un ottimo legame e scoprono di avere molte cose in comune, e
Ted è rimasto così impressionato da Robin che sente già che lei è
quella giusta. A discapito dell'alchimia venutasi a creare, Ted non
coglie i segnali di Robin e di conseguenza non la bacia. Quando
racconta la serata a
Marshall e Lily, essi lo rimproverano per non
aver saputo cogliere l'occasione e lo spronano ad andare
immediatamente a casa di Robin. I tre e Barney chiamano allora un
taxi e conducono Ted all'appartamento della reporter, non prima di
aver fatto una piccola deviazione nel locale della cena romantica,
dove Ted ruba un corno francese blu per far colpo su Robin, la quale
lo aveva adocchiato durante la serata e avrebbe desiderato molto
possederne uno. Proprio quando le cose sembrano andare per il verso
giusto e i due stanno per baciarsi, Ted commette l'imprudenza di dire
a Robin “ti amo” dopo un solo giorno dall'averla conosciuta. La
ragazza si spaventa per quella dichiarazione improvvisa e Ted,
ovviamente, si sente il peggiore degli stupidi. Una volta sul
pianerottolo i due si scambiano una lunga stretta di mano guardandosi
negli occhi, e ancora una volta Ted, stupidamente, non coglie il
segnale per baciare Robin: l'episodio si chiude con questa ultima
possibilità di rimediare all'iniziale imprudenza che sfuma forse per sempre.
Punti Fondamentali
Storyline. Fin dal primo
episodio possiamo notare degli elementi che saranno presenti nel
corso di tutte le stagioni. Inanzitutto, la varietà della situazioni
proprie di una sitcom è, se possibile, ancora maggiore che in altri
casi, grazie anche alla presenza di cinque personaggi completamente
differenti tra loro, che hanno quindi modi completamente diversi di
vivere la propria vita: abbiamo infatti il single sempre alla ricerca
di stabilità nella propria vita (Ted) e che è un inguaribile
romantico e sognatore; abbiamo poi la coppietta unita fin dal liceo
che oramai conosce ogni cosa del partner; il donnaiolo disinteressato
ai sentimenti ma che in realtà è forse il più fragile di tutti
anche a causa di un passato non semplice; e infine la donna solitaria
e indipendente che non si vede assolutamente nei panni della “brava
mogliettina”. Tutti questi elementi vanno a costituire un raffinato
“pastiche” che a prima vista potrebbe essere composto da
stereotipi, ma che invece spinge a riflettere sulle inquietudini
personali al di là della facciata di ognuno, sulla paura di rimanere
soli, sulla malinconia di un amore che finisce e così via. Un
elemento che invece non si può dedurre semplicemente dal pilot è
che ogni puntata, e soprattutto ogni stagione, siano perfettamente
legate tra loro da una trama di fondo molto ricca e complessa, che a
volte ci mostra un dettaglio nella prima stagione per tirarlo
nuovamente fuori nella quinta, riuscendo ad amalgamare quel
particolare dettaglio ai fatti che stanno accadendo in quel momento.
In definitiva, per quanto riguarda la storyline principale e le varie
sotto trame di ogni puntata (poiché è normale che su più di 200
episodi ve ne sia qualcuno di più autoconclusivo ed “inutile” ai
fini dell'intera serie), il bilancio è nettamente positivo.
Stile.How I Met Your
Mother non brilla né per quanto riguarda i costumi, poiché la
storia gira attorno a ragazzi normali e di conseguenza non c'è
bisogno di particolari artifici sartoriali, né per le scenografie,
dato che per la maggior parte del tempo vedremo le scene svolgersi al
pub Mclaren, a casa di Marshall e Lily o a casa di Barney, con
ovviamente l'occasionale comparsa di qualche altro interno di volta
in volta. Per quanto riguarda invece il montaggio delle varie scene,
la serie si distingue per una particolare vivacità sul piano del ritmo, riuscendo nella non facile impresa di riempire
sempre i venti minuti di ogni puntata con situazioni divertenti o
momenti più tristi e riflessivi, ben accompagnati dalle musiche
scelte. Un plauso va infine fatto agli attori presenti: alcuni di
essi sono stati letteralmente lanciati da questa serie tv, basti
ricordare di come Robin, alias Cobie Smulders, abbia recitato anche
nelle pellicole degli Avengers, o delle recenti apparizioni
sul grande schermo di Marshall (Jason Segel), e anche dei vari
riconiscimenti come le quattro nomination per la categoria “Young
Artist Award” ottenute da Neil Patrick Harris (Barney).
Personaggi. Come già
accennato più volte nel corso di questo articolo, sono proprio i
personaggi a rendere la serie appassionante, divertente e anche
commovente. Senza dilungarmi troppo in ripetizioni per analizzare
questa importante voce, vi basti sapere che vi affezionerete fin da
subito ai cinque protagonisti e stabilirete una importante sensazione
di empatia riguardo le loro vicissitudini amorose, arrivando anche a
piangere a causa di determinate situazioni, e vi sorprenderete sempre
di più delle molte sfaccettature che ognuno di loro ha, soprattutto
di quelle più inaspettate e nascoste, e vi ricorderete sempre degli
iconici tormentoni di Barney e dei suoi modi di fare così spicci e
volgari ma al contempo divertenti. Date un occasione a Ted, Marshall,
Robin, Lily e Barney di entrare nelle vostre vite, e vi garantisco
che li sentirete sul divano accanto a voi, con in mano una bella
ciotola di pop – corn.
Consigliato? Assolutamente
sì.
Come avrete senz'altro capito, How I Met Your Mother è
una sitcom che presenta ben pochi difetti: è divertente,
appassionante e commovente, le puntate sono ben amalgamate tra loro e
anche gli episodi meno legati alla trama principale riescono
nell'intento di intrattenere senza mai risultare noiosi. Le battute
funzionano sempre, così come i momenti più tristi e riflessivi, e
anche all'interno della singola puntata avremo più di uno spunto per
ridere o pensare. HIMYM incarna perfettamente il significato della
parola sitcom. L'unico motivo per non consigliare questa serie,
infatti, sta proprio nel genere: se siete alla ricerca di una serie
Tv impegnata e che affronti temi davvero maturi, molto probabilmente
non ci troverete niente di interessante. Per tutti gli altri, invece,
il divertimento è garantito: dategli una chance!
Data
di inizio pubblicazione: 2008; 23 volumi in corso. Casa
Produttrice: Star Comics Autore: Mitsutoshi Shimabukuro
Prefazione.
Toriko è ambientato in un'epoca nella quale le persone vivono
solamente per far provare alle proprie papille gustative sapori
sconosciuti. Il mondo è popolato da creature mostruose le quali, per
poterne saggiare le carni, vanno abbattute e uccise, ma molto spesso
neppure l'esercito può qualcosa contro di esse. Ed è qui che entra
in gioco il nostro Toriko, un Gourmet Hunter, ovvero un vero e
proprio cacciatore di sapori il quale lavoro consiste nel tenere a
bada questi esseri e fornire ai vari enti gli alimenti richiesti. Da
queste semplice premesse prendono il via le vicende di Toriko, che
andremo a vedere nel dettaglio esaminando il contenuto del primo
numero di questo manga. Buon appetito!
Dopo
una breve introduzione entriamo virtualmente negli uffici
dell'I.G.O., ovvero l'International Gorumet Organization, e facciamo
la conoscenza di Komatsu, un giovane ma già bravo chef che aspira a
cucinare piatti sempre più elaborati. Alcuni dirigenti dell'I.G.O.
stanno organizzando il prossimo ricevimento dei buongustai, e per
farlo risultare indimenticabile vorrebbero che fosse servita carne di
Gararadrillo, una bestia con un Livello di Cattura (l'indice di
pericolosità del mostro stesso) pari a 5. Per questo compito non
bastano i soldati regolari, e si decide quindi di assumere il Gourmet
Hunter più famoso, ovvero il nostro protagonista, Toriko. Komatsu
viene mandato dall'I.G.O. ad incontrarlo e a sottoporgli l'incarico.
L'uomo, il quale sta pescando, fa subito sfoggio delle sue abilità,
riuscendo a catturare un enorme Pesce Gambero e abbattendo poi
un'Aquila a Cinque code. Toriko accetta, e così lui e Komatsu
partono alla volta dell'isola sulla quale risiede uno dei pochi
esemplari di Gararadrillo rimasti. Una volta trovata la bestia,
Toriko la abbatte in pochi istanti a mani nude, sfoggiando la tecnica
della “Forchetta” e del “Coltello”, completando così
l'incarico in men che non si dica e sbalordendo Komatsu. Nel corso
della breve missione, Toriko dimostra sia la sua grande capacità in
combattimento, sia la sua grande capacità di osservazione e il suo
olfatto incredibilmente sviluppato, cosa che lo porterà in futuro ad
avere un decisivo vantaggio sull'ambiente circostanze. Scopriamo
inoltre che Toriko ha il desiderio di preparare il Menù più
rinomato del mondo, composto da piatti così ricercati e prelibati da
diventare leggendario. Oltre alla forza, però, Toriko ha
qualcos'altro di smisurato: l'appetito. L'uomo infatti non resiste
nel voler assaggiare le carni del Gararadrillo e in men che non si
dica lui e Komatsu lo mangiano fino all'ultima briciola.
Successivamente, vediamo Toriko visitare il Central Gourmet
Market, un grande bazar a cielo aperto dove confluiscono ingredienti
da ogni dove e nel quale il nostro buongustaio spera di trovare
qualcosa di davvero eccezionale. Qui incontra Johannes, un
caposezione della ricerca alimentare dell'I.G.O., che espone a Toriko
un problema riguardante un laboratorio nel quale è germogliato il
leggendario Frutto Arcobaleno, ovvero un alimento che si dice
contenga nella sua polpa sette diversi sapori. Il problema è che
alla base di questa pianta, coltivata artificialmente, si è
stabilito un nido di Troll Kong, bestie ancor più pericolose del
Gararadrillo in quanto vivono in branco. Toriko, essendo l'unico dei
Quattro Sovrani del Cielo repereibile, è stato contattato per
recuperare il raro frutto. L'uomo, spinto dalla sete di assaggiare
una pietenza così prelibata che potrebbe addirittura finire nel suo
Menù, accetta l'incarico. Arrivato sul posto, Toriko si apre una
breccia sbriciolando il muro con un pugno e, affrontati numerosi
pericoli tra cui velenosissimi serpenti ed un'intera tribù di Troll
Kong, riesce a trovare ed intimorire il capobranco, riuscendo così a
recuperare un Frutto Arcobaleno. Komatsu prepara una sontuosa cena
per Toriko e, per dessert, cucina un piccolo budino di Frutto
Arcobaleno. Toriko lo assaggia e, estasiato dal gusto formidabile
della suddetta pietanza, decide di includere definitivamente il
Frutto Arcobaleno nel suo Menù come dessert, completando così la
prima voce.
Punti
Fondamentali
Storyline. L'intera vicenda gira attorno, come
già detto, alla volontà di Toriko di creare il suo personale Menù
con gli alimenti più straordinari reperibili. Per uno shonen manga,
ovvero un fumetto indirizzato maggiormente ad un pubblico di ragazzi,
questa premessa è più che sufficente. Similmente ai grandi
capisaldi del genere (si vedano, ad esempio, Naruto, Fairy Tail, One
Piece, Bleach...), quindi, la storia si dipanerà via via che Toriko
si avvicinerà al completamento del suo proposito, fine ultimo del
manga, andandosi ad arricchire di personaggi e vicende che potranno
essere più o meno complesse a seconda della bravura dell'autore. Non
è quindi possibile definire solamente dal primo numero una trama che
è “in divenire”, ma sarebbe richiesta un'analisi più
approfondita: ciò che è sicuro è che il fumetto parte forte fin
dal primo numero senza momenti di pausa o di noia, mettendo in campo
premesse che quantomeno incuriosiscono; cose che sicuramente
invogliano il lettore ad andare avanti coi successivi numeri.
Stile.
Senza dubbio il tratto di Mitsutoshi Shimabukuro è ottimo, in quanto
riesce a disegnare alla perfezione sia essere umani messi in
qualsiasi posizione, sia oggetti inanimati come ad esempio i cibi,
che riescono a risultare appetitosi anche se visti su un foglio di
carta, e le diverse creature presenti nel mondo da lui creato,
denotando tra l'altro un'ottima fantasia. Ciò che può lasciare un
po' interdetti è però lo stile con il quale l'autore ha deciso di
rappresentare la sua opera: i personaggi risultano infatti essere
muscolosissimi e giganteschi, così come lo sono le bestie, e molto
spesso le proporzioni tra le varie parti del corpo non vengono
volutamente rispettate. Sta al gusto di chi legge stabilire se uno
stile del genere può piacergli oppure no. Un altro aspetto sul quale
porre l'accento e i legami che l'opera di Shimabukuro ha con quella
del maestro Oda: è innegabile, a mio parere, che l'autore di Toriko
sia un amante di One Piece, in quanto, solo per citarvi alcuni
esempi, “L'Era della Pirateria” diviene “L'Era dei Buongustai”,
e i “Quatto Imperatori dei Mari” diventano, nell'opera di
Shimabukuro, i “Quattro Sovrani del Cielo”.
Personaggi.
Nel primo numero vediamo solamente due personaggi fondamentali ai
fini della storia: Toriko e Komatsu. Quest'ultimo ha il compito di
fare da spalla al protagonista: è il personaggio che più assomiglia
ad una persona reale ed è lì per sottolineare il divario che c'è
tra la gente comune e i Gourmet Hunter. Toriko, invece, viene
presentato fin da subito come un uomo dotato di una forza
straordinaria, che non ha alcuna difficoltà ad abbattere creature
grandi anche dieci volte lui. Quello che maggiormente viene
sottolineata è però la conoscenza che Toriko ha del mondo in cui
vive: egli sa perfettamente habitat, dieta, abitudini, punti forti e
punti deboli delle creature che andrà ad affrontare, ed è un
esperto in praticamente ogni settore alimentare. Inoltre, Toriko
dispone di un'incredibile capacità di analisi, riuscendo sempre a
formulare la soluzione migliore per ogni situazione. Ma a dispetto di
ciò che si pensi, ci sono altri fattori che vanno considerati a
tutti gli effetti come personaggi a sé stanti: le creature. Esse
infatti sono caratterizzate in maniera molto dettagliata e
costituiscono l'elemento di maggior innovazione del manga: ognuna di
essa presente caratteristiche differenti e quindi genera un diverso
modo di approccio, cosa che nel futuro del manga potrà senza dubbio
portare ad una incredibile varietà di situazioni.
Consigliato?
Assolutamente sì. Toriko è
un'opera divertente e scanzonata, ma non per questo da sottovalutare:
le creature presenti all'interno del fumetto, unite a dei
combattimenti divertenti ed avvincenti costituiscono le basi per
quella che potrebbe diventare un'epopea degna delle migliori saghe
shonen degli ultimi anni. Uniche perplessità sono quelle riservate
allo stile dei disegni adottato nell'opera, che potrebbe frenare
alcuni acquirenti che proprio non gradiscono le sproporzioni presenti
all'interno di Toriko. Per tutti gli altri, il consiglio è quello di
dare una chance anche solo al primo numero di questo manga e farsi
ingolosire, è proprio il caso di dirlo, da questo mondo fatto di
prelibatezze, animali strampalati e manrovesci menati a destra e a
manca.