giovedì 24 dicembre 2015

Naruto Shippuden Ultimate Ninja Storm 4 – Demo

Naruto Shippuden Ultimate Ninja Storm 4 – Demo





Versione testata: Ps4

Da pochi giorni è disponibile sul PSN una breve demo di Naruto Shippuden Ultimate Ninja Storm 4 che ci consente di affrontare la battaglia tra Hashirama e Madara vestendo i panni del primo hokage. Seppur molto corta, questa demo ci offre la possibilità di saggiare con mano alcune novità che saranno presenti in questa nuova incarnazione (data di uscita prevista: 6 Febbraio 2016) videoludica delle avventure del ninja più famoso del mondo, in primis riguardanti l'impatto grafico.
Primo titolo della serie ad essere sviluppato per next – gen, infatti, vanta miglioramenti tecnici vistosi che balzano subito all'occhio soprattutto per quanto riguarda gli effetti
particellari delle varie tecniche, il fuoco, i fulmini e altri elementi di contorno quali polvere e detriti. Una volta avviata la demo, potremo scegliere fin dall'inizio se giocarla con i dialoghi in inglese o in giapponese e, una volta fatta la nostra scelta, verremmo catapultati subito nel bel mezzo dell'azione. Ancora una volta, durante particolari e significative battaglie che hanno contraddistinto epici momenti nel manga saranno presenti i quick time event e gli scontri si svolgeranno in più fasi. Nello specifico, quella tra Madara e Hashirama vedrà una prima fase dove i tuoi contendenti si sfideranno in una battaglia uno contro uno abbastanza classica, intervallata da qualche comparsata del Susano'o di Madara a scagliarci contro spadate di chakra e meteore. Ad un certo punto, però, sul campo compariranno due spade, che il giocatore potrà brandire andando così a cambiare il ventaglio di combo a propria disposizione e incrementando la quantità di danni inflitti. Inoltre, man mano che ridurremo la barra vitale del nostro avversario, la sua armatura finirà in pezzi, consentendoci di causare danni ancora più velocemente. In questo modo, inoltre, gli scontri risultano essere molto più “fisici”; si riesce quasi a percepire la fatica della battaglia. A questa prima fase ne
fa seguito una composta da quick time events nella quale possiamo ammirare i miglioramenti anche sul fronte delle espressioni facciali, davvero incredibili, e subito dopo la battaglia assume dimensioni colossali. I due contendenti, infatti, caleranno sul campo gli assi: Hashirama evocherà un golem di legno, mentre Madara rivestirà dell'armatura del Susano'o la volpe a nove code controllata con il suo Sharingan. Il combattimento tra i due colossi sarà inevitabilmente più lento rispetto alla fase precedente, ma non per questo meno spettacolare. Al termine dello scontro dovremo eseguire correttamente una lunga serie di QTE per riuscire finalmente a sconfiggere il nostro avversario una volta per tutte, e poi la demo avrà fine. Le nostre prestazioni verranno valutate con la classica scala di valori che va da “D” ad “S” in base alla velocità con la quale avremo completato lo scontro, l'energia rimastaci e la prontezza nell'eseguire i quick time events.

Prime impressioni. La porzione che ci viene consentito di testare con mano è troppo scarna per dare un giudizio decisivo sulla bontà o meno di questo nuovo capitolo della saga Ultimate Ninja Storm. È indubbio che i progressi a livello tecnico siano tangibili, soprattutto per quanto riguarda gli effetti particellari, ma rimane ancora da valutare il frame rate nelle situazioni più concitate, l'equilibrio del vastissimo roster dei personaggi in battaglie uno contro uno o a squadre, e in generale la quantità e la qualità delle varie modalità, per non parlare dell'online. Per ora il gioco viene “rimandato a Settembre”, nella speranza che qualche settimana prima dell'uscita venga resa disponibile una demo con qualche personaggio giocabile liberamente in quanti combattimenti si voglia. 

Nicola Bertilotti 

giovedì 17 dicembre 2015

Numbero One: Trinity Blood

Number One: Trinity Blood

Data di pubblicazione: 2004 – in corso
Numeri: 16
Casa editrice: Planet Manga
Autore: Kiyo Kyuiyo (disegni), Sunao Yoshida (soggetto), Thores Shibamoto (character design)






Prefazione. Trinity Blood avrebbe dovuto essere, originariamente, una saga composta da 12 romanzi ad opera dello scrittore Sunao Yoshida, rimasta però incompiuta a causa della prematura scomparsa dell'uomo. Nell'anno di grazia 2003, ad una esordiente Kiyo Kyuiyo è stato dato l'arduo compito di trasformare la saga in uno shojo, operazione non facile visto che i romanzi contenevano al loro interni elementi appartenenti a vari generi quali lo sci – fi, il noir, l'investigativo e così via, e soprattutto la difficoltà è data dalla miriade di personaggi che, come è facile immaginare, un'opera costituita da 12 liberi poteva presentare al suo interno. Un compito per nulla semplice, quindi, soprattutto poiché gravava sulle spalle di una mangaka all'epoca esordiente e visto anche quanto stretti sono i tempi lavorativi che attanagliano coloro che intraprendono tale professione (tra l'altro spesso travisata soprattutto in Occidente, in quanto si pensa che un “mangaka” altro non faccia che fare disegni quando più gli va). L'impresa è titanica, ma il risultato? Scopriamolo andando a leggere, pagina dopo pagina, il primo tankobon di Trinity Blood.



La storia inizia con il fortuito incontro dei nostri due protagonisti, Padre Abel Nightroad e suor Esthel Blanche, quest'ultima accompagnata dal fido Dietrich. Padre Abel è stato inviato dal vaticano a supervisionare la situazione nella chiesa di Màtyàs, divenuta pericolosa a causa della comparsa di entità chiamate “Vampiri”. Quella sera stessa, infatti, sarà proprio l'attacco di un Vampiro a minare la sicurezza all'interno della chiesa, visto che la creatura prosciugherà il sangue di vari suore e frati apparentemente senza un perché. Giunta sulla
Suor Estel Blanche in tutto il suo splendore.
scena del crimine, anche Esthel rimane coinvolta nella colluttazione, rischiando perfino di venire assassinata. Per fortuna, però, la ragazza perde semplicemente conoscenza. Padre Nightorad, caduto fragorosamente dal tetto della chiesa dove si era appostato per sorprendere il Vampiro, riesce a catturarlo trasformandosi in un misterioso essere ibrido tra un angelo ed un demone denominato “Krsnik”, dotata di folti capelli argentei, ali nere e occhi di brace. Nightroad afferma che, così come esistono creature – i Vampiri – che si nutrono di sangue umano, sarebbe sciocco pensare che non ne possa esistere una che si nutra di sangue di Vampiro. Inoltre è chiaro fin da subito che il prete, ancora per motivi ignoti, non ha alcuna intenzione di svelare in pubblico la sua forma alternativa. Il giorno successivo suor Esthel matura la decisione di viaggiare fino in Ungheria, in direzione del castello di Lord Gyula, ovvero il Vampiro che

La prima apparizione del Krsnik.
aveva inviato il suo emissario alla chiesa di Màtyàs e che quindi si cela dietro l'intera faccenda. Madre Vitèz, ovvero l'arcivescovo della chiesa, è abbastanza riluttante a lasciar partire Esthel, che considera come una figlia, ma alla fine acconsente. Nell'esatto momento in cui le due si salutano e si separano, una potente esplosione distrugge la chiesa e uccide l'arcivescovo. Subito dopo appare un contingente capitanato da due loschi individui, il maggiore Tres Ics e Ladokàn, due ufficiali della gendarmeria al servizio di Lord Gyula. Nightroad ordina a Dietrich di mettere al sicuro Esthel e decide così di rimanere ad affrontare i due e i relativi sottoposti da solo. Per fortuna il maggiore Ics si rivela essere in realtà la guardia del corpo di Padre Abel e riesce, con una veloce raffica di colpi, ad uccidere i sottoposti e catturare Ladokàn. L'uomo è in grado di fare ciò poiché è in realtà una macchina, un robot, e possiede quindi tempi di reazione decisamente inferiori a quelli dei normali esseri umani. Successivamente, al funerale di Vitèz, Esthel è presa dallo sconforto e si lascia andare ad un pianto che, promette, sarà l'ultimo. Nightroad la conforta e la sostiene,
dicendo che anche se il futuro le sembra oscuro non deve sentirsi sola, poiché non lo è. I due partono quindi alla volta del castello di Gyula e vi fanno irruzione all'interno. Ad attenderli, però, vi è una spiacevole sorpresa: anche Dietrich, come Tres, fa il doppiogioco. Egli, inoltre, possiede un potere terribile: grazie a degli speciali fili può controllare addirittura i sensori neuronali di una persona, costringendola ad agire contro la sua volontà. Difatti Esthel, non potendo opporsi in alcun modo, spara svariati colpi di pistola a Nightroad, il quale cade riverso a terra. Gyula, nel frattempo, spiega che il fascio di luce che ha investito la chiesa di Màtyàs è scaturito da un ex – satellite, ora adibito ad arma di distruzione di massa, chiamata “La Stella di Lacrime”, la quale è puntata sul Vaticano, sede centrale da dove proviene padre
Padre Abel e Padre Tres.
Abel e svariati altri preti. Il Vampiro spiega inoltre ai volgari “Terran” (il nome con i quali le Creature della Notte si rivolgono agli umani) di essere mosso da un acuto desiderio di vendetta verso i preti del Vaticano, in quanto furono proprio loro ad ardere sua moglie Maria sul rogo. Ancora una volta Abel – rimasto miracolosamente in vita dopo i colpi subiti – riesce ad allontanare Esthel dalla sua posizione e può quindi utilizzare il Krsnik. Dopo un duro combattimento ad avere la meglio è proprio Nightroad, il quale deve però resistere anche ad un ultimo assalto da parte di Ladokàn, inspiegabilmente fuggito dalla sua reclusione e giunto in soccorso di Gyula. Sarà il lesto intervento di Tres a fermare sul nascere questa iniziativa, ma nello scontro a fuoco a rimanere gravemente ferito sarà proprio Gyula, lanciatosi disperatamente sul corpo di Esthel per proteggerla. La vicenda si conclude con la morte di Lord Gyula, il quale potrà finalmente raggiungere la moglie nell'aldilà. In seguito Abel, Tres ed Esthel decidono di intraprendere un viaggio che li condurrà fino al Vaticano, a Roma, luogo dove forse suor Blanche potrà ottenere le risposte alle domande che questa vicenda le ha fatto scaturire.



Punti fondamentali


Storyline. Come accennato nell'introduzine, essendo tratto da una serie di romanzi la trama di Trinity Blood è estremamente complessa. Una cosa che non si può evincere solamente dal primo numero è che la narrazione procede per “saghe”, lunghe variabilmente dai 3 ai 5 volumi, ognuna delle quale introduce storie e personaggi differenti. La carne al fuoco è di volta in volta molta e, già dal primo volume, ci vengono presentate numerose situazioni che ricorreranno più avanti. Inoltre, molti misteri vengono accennati e non svelati, e alcune frasi lette di sfuggita saranno invece il cardine dei numeri successivi. Non si registrano buchi di trama o saghe poco interessanti, né falle nella narrazione o nel ritmo, che procede sempre ottimamente alternando scene comiche, combattimenti e momenti più riflessivi e tristi.



Stile. C'è veramente poco da dire: i disegni di Kiyo Kyuiyo sono una gioia per gli occhi. Pieni di particolari, dettagliatissimi, complessi eppure chiari, sontuosi, in una parola: magnifici. Su questo punto i discorsi da fare sono veramente pochi; la lentezza nella cadenza di uscita del manga (che può avere pause anche di 6 - 8 mesi) è dovuta proprio ad una minuziosa ricerca della perfezione nel tratto e nella varie tavole da parte dell'autrice e, sia come varietà di pose, di ambientazioni e di vestiario, ci troviamo di fronte ad un capolavoro grafico sotto ogni punto di vista.



Personaggi. La caratterizzazione dei personaggi è abbastanza classica, seppur non fastidiosamente stereotipata. Una cosa che si nota riguardo l'opera di Kiyo Kyuiyo è che ognuno dei suoi personaggi, che siano primari o secondari, è interessante sotto qualche punto di vista, che si tratti della caratterizzazione estetica o di quella caratteriale. Nightroad è divertente nei suoi momenti comici, dove “interpreta” il ruolo del prete svitato e fuori dal mondo, ma è tremendamente serio in altre situazioni. Inoltre, in lui risiede il fascino del mistero del Krsnik. Esthel è una ragazza fragile ma determinata ad ottenere risposte e che non lesina di mettere tutta se stessa in quello che fa, anche correndo innumerevoli pericoli. Tres, in quanto macchina, ha una visione molto schematica e rigida del mondo, fatta di numeri e non di impressioni sensibili, ma non per questo è un personaggio stagnante ma anzi, è proprio questo suo modo di fare a costituire la sua principale ragion d'essere. Tutti questi "tipi umani" costituiscono un ottimo ed interessante mix, che fa sì che ci si affezioni ad alcuni di essi o si arrivi perfino ad odiarli.



Consigliato? Assolutamente sì.
Non fatevi spaventare da chi lo bolla come “manga sui vampiri” e non pensate a Twilight: Trinity Blood si pone completamente su un altro piano. Sicuramente ci sono dei pronunciati ammiccamenti agli shojo (genere che forse è presente in maniera primaria all'interno dell'opera) e agli yaoi/yuri (senza niente di evidente o esplicito), ma il cuore del fumetto è una trama complessa e ben scritta accompagnata da degli ottimi personaggi ed una caratterizzazione grafica degli stessi eccezionale. 


Nicola Bertilotti

lunedì 7 dicembre 2015

Let's talk about... DOOM

Let's talk about... DOOM

Prefazione. Proprio ieri si è conclusa la Closed Alpha (che, lo ricordo, differisce dalla beta concessa a chi ha prenotato Wolfenstein: the New Order) del reboot della storica saga fps di Id Software, esclusivamente dedicata al gioco multiplayer. Una sola mappa, una sola modalità (deathmatch a squadre), 6 armi e 2 gadget, per un totale di tre giorni di pura carneficina: questo è ciò che la Closed Alpha ha avuto da offrire. Quale migliore occasione, quindi, per dare un'occhiata ad uno scorcio della modalità online del nuovo DOOM?



Prima di entrare in una lobby pronti ad uccidere qualsiasi cosa si muova, ci verrà data la possibilità di modificare il “loadout” (la dotazione del nostro personaggio) delle varie classi, avendone già quattro predefiniti e potendone aggiungere due di nostra creazione. Potremo combinare in qualsiasi modo le 6 armi a nostra disposizione – che sono: un fucile al plasma che spara veloci raffiche energetiche, un lanciarazzi, un fucile a ripetizione di tre proiettili per volta, la celeberrima “shotgun”, fucile a pompa con due canne, un fucile da cecchino denominato Vortex e una specie di cannone, devastante a medio – lungo raggio – e i due gadget, una granata a frammentazione ed un teletrasportatore portatile, ovvero un dispositivo che, dopo che è stato lanciato, permette, tramite la pressione di un tasto, di essere istantaneamente teletrasportarti in quell'esatto punto: utilissimo per sorprendere gli avversari. Ogni arma è dotata anche di una modalità di fuoco secondario: quella del lanciarazzi, ad esempio, permette di far detonare in volo i razzi, anche prima che incontrino un ostacolo, tramite la pressione di un tasto. La modalità secondaria del Vortex, invece, consiste in un colpo caricato, il quale richiede un paio di secondi per essere pronto, ma che può uccidere istantaneamente un avversario se colpito alla testa. Il Plasma Rifle (il fucile energetico a ripetizione) ci consente di sparare un globo di energia che infliggerà gravi danni agli avversari colpiti, e così via. Una volta completate le operazioni preliminare di modifica del loadout e di matchmaking, saremo pronti ad imbracciare le nostre armi e a commettere quanti più frag possibile. Il gameplay di questa modalità è molto simile a quello dei vecchi sparatutto “arena”, come ad esempio Quake III o Serious Sam, o ancora Unreal Tournament, con livelli composti da spazi chiusi con tante possibilità di incontro tra i giocatori e pieni zeppi di power – up, che vanno dai medikit ai pezzi di armatura per aumentare la resistenza. Sarà possibile compiere un doppio salto, aggrapparsi alle sporgenze per salire sopra a delle strutture ed utilizzare brevemente il jetpack per coprire una distanza maggiore, tutte cose che ampliano le possibilità di fuga durante uno scontro particolarmente ostico. Oltre ai già citati power – up, ne sono presenti alcuni più specifici: il primo, probabilmente esclusivo della mappa presente nell'Alpha, è un'arma dotata di soli 4 colpi ma che può potenzialmente garantire 4 uccisioni, se ben utilizzata: si tratta del Cannone Gauss (nome originale: Gauss Cannon, nda.), un pesante fucile che spara un singolo, devastante raggio laser. Il secondo potenziamento, che comparirà ad intervalli di tempo casuali nel punto dove si può raccogliere il Cannone Gauss, conferisce al giocatore una temporanea invisibilità (simile a quella di Crysis 3, per intenderci), molto utile per sorprendere gli avversari. Infine, l'ultimo power – up è forse quello più distruttivo: si tratta di una speciale runa, che comparirà in un punto sempre diverso della mappa e sarà preceduta da un annuncio vocale, che consentirà di trasformarsi per un minuto in un Demone. Nell'Alpha era disponibile solamente il Revenant, il classico scheletro dotato di lanciamissili canonico della saga di DOOM. Il Revenant può compiere salti più alti rispetto
ad un normale giocatore e volare più a lungo grazie al suo jetpack, ed inoltre dispone di 250 punti ferita (quasi il triplo del normale) e di due lanciarazzi montati sulle spalle, i quali possono portare un'infinità di uccisioni alla squadra. In caso di morte prematura del Demone – il power – up terminerà dopo 60 secondi – un giocatore potrà raccogliere nuovamente la runa e sfruttare lui stesso il potere per il tempo restante, o fino a che non verrà ucciso a sua volta. Graficamente il gioco si presenta già bene, con un buon livello di dettaglio ed un frame rate mai ballerino, cosa che è fondamentale per uno shooter in prima persona. Il matchmaking è stato, nella mia personale esperienza, altalenante: sono passato da una prima fase priva di qualsiasi segno di vita e nella quale era impossibile giocare ad una, poche ore dopo, nella quale ho istantaneamente trovato una lobby cui unirmi. Le partite si sono rivelate essere tutte molto frenetiche ed incredibilmente divertenti, tanto che era difficile trovare momenti morti ma non per questo impossibile riuscire a “ragionare” per un attimo anziché continuare a premere forsennatamente il grilletto.  A conti fatti, se le premesse di Id Software sono queste, e se gli sviluppatori sapranno fare tesoro dei dati ricavati dall'Alpha ed implementare il catalogo di armi, gadget e Demoni, ci troveremo sicuramente di fronte ad un serio candidato a spodestare i capisaldi del genere.

Nicola Bertilotti

giovedì 3 dicembre 2015

"Perchè gioco ai videogiochi?"

"Perchè gioco ai videogiochi?"



Proprio così. Forse vi sarete posti questa domanda un sacco di volte, e ancora non siete riusciti a trovare una risposta adatta. Perchè voi (e me, ovviamente.) passate così tante ore davanti alla tv, cercando di conquistare un trofeo, uccidere il boss di turno che vi sbarra la strada o semplicemente a trovare il modo di superare quel fastidioso enigma che vi sta bloccando da un sacco di tempo? Qual è quel “non so che” di magico che vi porta a portare a termine un titolo anche se ha la peggior trama mai scritta sulla faccia della terra solo perchè ha un gameplay magnifico? Cerchiamo di scoprire la risposta a questa fatidica domanda elencando i cinque principali motivi che ci fanno venire voglia di giocare ancora, e ancora, e ancora...


1. I videogiochi sono divertenti. “E certo che lo sono, genio!” , mi starete sicuramente urlando. Eppure, per una non banale domanda, occorre sicuramente una banale risposta, tanto per iniziare. I videogiochi, per molti persone, rappresentano il momento nel quale staccano dai problemi della vita semplicemente premendo un tasto e sedendosi sul divano, e ciò accade perchè provano piacere nel farlo. Non sono qui per contestare il fatto che giocare l'ennesimo deathmatch a Call of Duty o la cinquecentesima partita a FIFA possa effettivamente annoiare piuttosto che intrattenere (Chi sto prendendo in giro? Ovvio che sono qui per farlo.), ma il principio di fondo rimane: oscuriamo per un attimo ciò che ci sta attorno, stacchiamo la spina per qualche dolce, dolcissimo minuto, e siamo felici grazie al mezzo videoludico domestico. Nella sua banalità, ciò ha un potere immenso.


2. I videogiochi possono teletrasportarti in un mondo fantastico e meraviglioso. Pensateci: quante volte ci siamo ritrovati persi in uno sconfinato mondo fantasy ammirandone il paesaggio, le costruzioni, gli abitanti, gli animali, la flora...? Solo per citare qualche esempio, pensiamo alla città sottomarina di Rapture del primo Bioshock: il primo impatto con essa, il discorso di Andrew Ryan, la presentazione della città con quelle scenografiche scritte nei cerchi, le balene che nuotavano a fianco della nostra battisfera... O ancora, andiamo indietro con la memoria alla saga di Final Fantasy: anche tralasciando le ultime incarnazioni della serie, se ripensiamo a quando i modelli tridimensionali di personaggi e scenari erano appena abbozzati ci rendiamo conto di quale sia il vero potere dei videogiochi. E a ciò bisogna dare merito.


3. Ma sto giocando ad un videogioco o sto guardando un film? Questa è una tendenza che si è sviluppata soprattutto nell'ultimo decennio, grossomodo a partire da quel capolavoro Quantic Dream che è Heavy Rain e proseguita poi con Beyond: Two Souls. Nel primo titolo da me citato il gameplay non consisteva in altro se non in alcuni QTE (ben studiati, a dir la verità) che avevano un diretto effetto sui personaggi da noi controllati, i quali potevano addirittura decedere a seguito di una nostra mossa sbagliata e ciò avrebbe di conseguenza influito sul proseguo dell'esperienza videoludica. Se a questa libertà d'azione uniamo una narrazione che assomiglia molto a quella di un film giallo con tinte noir, è facile comprendere come l'approccio utilizzato da Heavy Rain sia unico nel suo genere e destinato a fare scuola. Seppur col lavoro successivo Quantic abbia provato a migliorarsi, i risultati sono stati a dir poco deludenti, riuscendo ad andare ad incidere in maniera positiva solamente per quanto riguarda le animazioni dei personaggi, soprattutto quelle facciali. Ciò che è certo è che, almeno a parer mio, certi esperimenti meta – videoludici siano assolutamente da premiare e foreggiare, e sicuramente il recente Until Dawn ci potrà dare ancora una volta conferma di quanto si possa porsi a metà strada tra un film ed un videogioco vero e proprio mettendo d'accordo pubblico e critica.


4 .I Party Games! Sono un po' preoccupato, e vi dirò il perchè: mi sto immaginando un hardcore gamer ultra - trentenni, ma di quelli belli tosti che hanno preso scomuniche su scomuniche a causa di Donkey Kong, Super Mario e Dark Souls, che legge questo quarto punto. Probabilmente avrà già distrutto parte della propria stranza per la rabbia. Per chi non lo sapesse, dai videogiocatori più hardcore i party games sono considerati spazzatura. Io non sono certo qui per smentirli, ma vorrei solo ricordare che giochi come Just Dance, Guitar Hero, Sing It!, Mario Karts, Rayman Raving Rabbids siano l'apoteosi del divertimento, soprattutto se si è disposti a chiudere un occhio su evidenti difetti, risiedenti soprattutto in una troppo pronunciata ripetitività delle meccaniche, e che riescano a costituire un'ottima alternativa ad un film per una serata in compagnia di amici. E' chiaro, per fortuna non tutti questi titoli richiedono di dover fare gli imbecilli per poter giocare degnamente, ma anche la Nintendo Wii, con la sua vasta gamma di titoli “di gruppo”, ci insegna che è possibile tratte divertimento anche interagendo con il gioco e con gli altri. Basta sapersi adattare. In fondo, è solo per qualche ora.


5. I videogiochi mettono in contatto le persone. Oramai è innegabile, stiamo vivendo l'era d'oro di internet e dei social: tutti sono messi in contatto gli uni con gli altri ed essi con il mondo, ed i videogiochi non fanno eccezione. Recentemente si sta assistendo ad un incremento del fenomeno del “Free to Play” anche sulle console casalinghe, e come è rinomato certi tipi di videogiochi si fondano sulla cooperazione attiva tra videogiocatori. Titoli come League of Legends, fondati sull'aiuto reciproco tra membri di uno stesso team (Certo, certo, con quella community poi... ;) ) o più in generale di un qualsivoglia MMORPG che abbia componenti di PVE cooperativo e PVP competitivo possono aiutare persone che non riescono a relazionarsi in altri modi a compiere un primo importante passo. Certo, non divinizziamo un fenomeno che è comunque dettato da ferree leggi economiche e commerciali, ma dalla parte di chi usufruisce del servizio ciò è a volte visto come un'opportunità, ed è corretto assegnare il giusto merito alle cose.

Nicola Bertilotti

venerdì 20 novembre 2015

Number One: Blazer Drive

Number One: Blazer Drive


Periodo di pubblicazione: Aprile 2008 – Dicembre 2010
Numeri: 9
Autore: Seishi Kishimoto
Casa editrice: GP Publishing



Prefazione. Essere il fratello di Masashi Kishimoto (l'autore di “Naruto”, ndr.) non deve essere di certo facile, soprattutto se si intraprende il suo stesso mestiere. Si rischia, infatti, di rimanere sempre all'ombra del responsabile di uno degli shonen manga di maggior successo degli ultimi quindici anni o, peggio, si potrebbe essere accusati di “prendere ispirazione” da lui. Ma Seishi Kishimoto non ci sta e, in mezzo al molto apprezzato 666 Satan e al molto meno amato Crimson Wolf, pubblica questa serie di 9 volumi incentrate sulle avventure di Daichi e ambientato in una Tokyo futuristica dove l'energia è stata sostituita da un'altra risorsa: i Mysticker, speciali adesivi che conferiscono varie proprietà agli oggetti a cui sono apposti. Riuscirà Seishi a scrollarsi di dosso il pesante confronto artistico col fratello e a ritigliarsi un proprio spazio del panorama degli shonen?






Daichi è un ragazzino orfano che abita assieme a suo fratello, Ginga, che a seguito della morte dei genitori è divenuto molto più freddo nei confronti del minore. Daichi è, assieme alla sua amica Misora, il “capo” di una banda di ragazzini denominati Grande Cielo. La storia prende subito il via mostrandoci lo scontro tra Daichi e un bandito senza nome, il quale stava minacciando un uomo per ottenere il suo Mysticker. Questi dispositivi possono essere assimilabili a delle specie di “adesivi” che, una volta applicati agli oggetti, li conferiscono particolari proprietà: ad esempio è possibile appiccicare un Mysticker contraddistinto dall'elemento fuoco ad una caffettiera o ad una pentola, in modo da poter cuocere i cibi. Il bandito in questione, dopo una breve colluttazione con Daichi, gli applica sul braccio un Mysticker appartenente all'elemento ghiaccio. Inaspettatamente, però, il ragazzo genera numerose e appuntite stalattite dal terreno, ferendo Misora. Ginga
interviene, portando in salvo sia il fratello, sia la ragazza. Una volta a casa, Ginga rimbecca Daichi, accusandolo di essere troppo impulsivo e di mettere a rischio perfino la vita dei propri amici. Il giorno dopo Misora decide di regalare a Daichi un raro Mysticker a forma di occhio. Daichi è felicissimo, in quanto non ne ha mai visto uno, e decide quindi di portarlo a Ginga per dimostrargli di essere diventato più forte. Non appena il maggiore vede il Mysticker, inspiegabilmente lo sfila di mano a Daichi e lo strappa. Il ragazzo, infuriato, se ne va immediatamente via di casa. Non appena superato un passaggio sottostante ad un ponte, però, Daichi viene attaccato da un uomo, Nanba, che dice di aver avuto l'incarico di portarlo al suo capo vivo. L'uomo si applica un Mysticker al corpo e, proprio come successo a Daichi, ne sprigiona il potere, creando un poderoso arco. Nanba rivela a Daichi di essere un Blazer, proprio come lui e come Ginga, ovvero speciali individui che possono imbrigliare il potere del Mysticker e scatenarlo a proprio piacimento. Ancora una volta a salvare la situazione ci pensa Ginga, che viene però ferito da una freccia scagliata da Nanba. Con il successivo colpo rivolto a Daichi ma che viene ancora una volta intercettato fisicamente da Ginga, quest'ultimo viene esiliato in una sorta di dimensione parallela grazie ad uno speciale e rarissimo Mysticker che Nanba ha applicato alla sua freccia prima di scagliarla. Prima di scomparire forse per sempre, Ginga lascia in dono a Daichi il suo Mysticker, Kandachi, che ha il potere di generare devastanti scosse elettriche. Il combattimento termina con la vittoria di Daichi il quale, in un impeto di rabbia, riesce a sprigionare un attacco devastante. La comparsa di un misterioso individuo, Kuroki, che gli rivela sommariamente di far parte di una organizzazione alla quale apparteneva suo fratello, segna la decisione di Daichi di partire alla volta del mondo dove è stato relegato Ginga al fine di ritrovarlo. Inizia così il viaggio di Daichi e Misora, che alla fine deciderà di seguirlo. I due entreranno a far parte dell'organizzazione nella sezione Guardian e, una volta giunti nell'Underground (la base logistica dei Guardian del terzo distretto di Tokyo), Daichi verrà a sapere che l'obiettivo dell'organizzazione è quello di scoprire chi e perché ha messo in circolo Mysticker rari che, normalmente, non dovrebbero essere disponibili presso i normali rivenditori. Una volta conosciuto il capo della sezione (un'avvenente donna con evidenti inclinazioni sadomaso), Daichi e Misora vengono inviati subito a compiere la prima missione, che consiste nel recupero di uno dei suddetti Mysticker che avrebbe dovuto essere portato al terzo distretto ma che è invece stato intercettato da un misterioso individuo che si dice abbia un braccio sviluppato in maniera anomala. Questa sarà la prima vera prova sul campo per Daichi, nonché la conclusione del primo volume.

Punti fondamentali.


Storyline. Di carne al fuoco ce n'è molta, fin dal primo volume. A conti fatti le informazioni di cui disponiamo non sono molte, e la maggior parte di esse sono contenuto nel primo capitolo, infatti fin troppo pieno di fatti ed eventi importanti da tenere a mente. Il fatto che il manga ci catapulti fin da subito nel vivo dell'azione può essere considerato dicotomicamente, in quanto da una parte è un ovvio punto a favore, per i canoni di uno shonen, quello di non perdersi troppo in chiacchiere, mentre dall'altra parte una introduzione un po' più graduale al mondo in cui si muovono i personaggi e alle storie che fanno loro da sfondo sarebbe stata gradita. Le basi per una buona storia, però, ci sono tutte, e non resta quindi di vedere come si svilupperà la trama in seguito, potendo essere abbastanza ottimisti per il proseguo della saga.

Stile.
Seishi Kishimoto è un ottimo disegnatore, proprio come suo fratello. Anche se non

raggiunge le stesse punte di Masashi, infatti, le sue tavole sono sempre chiare e piene di dettagli, così come i combattimenti risultano essere chiari e spettacolari per merito della sua matita. Unica (grossa) pecca è quella che a volte i suoi disegni risultano essere un po' troppo simili a quelli del fratello. Probabilmente è una cosa abbastanza ovvia, visto che i due devono essere cresciuti insieme coltivando la stessa passione, ma a volte questa somiglianza è esagerata, tanto che in un paio di tavole Daichi e Ginga sono nelle stesse identiche pose nelle quali si ritrovavano Itachi e Sasuke durante il flashback riguardante il clan Uchiha. E' possibile che Seishi abbia deciso di inserire queste tavole appositamente come presa in giro verso chi lo accusava di copiare il fratello, ma essendoci il beneficio del dubbio è comunque giusto citare questo episodio e sperare che sia davvero così. 

Personaggi. I protagonisti della storia, per adesso, sono tre: Daichi, Misora e Kuroki. Daichi è il classico personaggio di uno shonen, impulsivo ma buono, generoso ma
Questa scena non vi ricorda nulla...?
determinato, che sicuramente si evolverà caratterialmente mentre la storia prosegue. Kuroki ha l'aria di celare un grande potere, e sicuramente ci mostrerà che cosa sa fare nei combattimenti successivi. Misora, invece, che può apparire come lo stereotipo della ragazzina innamorato del suo amico combinaguai, si rivela invece essere molto matura e decisa, e sicuramente in futuro si renderà anche lei protagonista di buoni momenti narrativi. Per adesso di antagonisti o di personaggi secondari ve ne sono stati pochi, perciò non resta che continuare a leggere Blazer Drive per scoprirne di più.



Consigliato? Sì.
Indubbiamente Blazer Drive si presenta essere uno shonen leggero e senza pretese, ma non per questo poco scorrevole o noioso, anzi. Per tutta la durata del primo volume non ci si annoia mai, tra un combattimento e un piccolo accenno di flashback, ma perfino si vuole saperne di più su questa misteriosa organizzazione e sul destino di Ginga. Certo, per adesso il manga non brilla per complessità né per quanto riguarda la storia né per quanto riguarda gli eventi narrati, ma mi sentirei di consigliare il prodotto a chiunque sia un amante dei classici combattimenti giapponesi fatti di poteri, power – up e spettacolarità.


Nicola Bertilotti

venerdì 13 novembre 2015

Guitar Hero: Live - Recensione

Guitar Hero: Live - Recensione

Data di uscita: 23 Ottobre 2015
Piattaforme: Ps3, Ps4, Xbox360, XboxOne, WiiU (versione testata: Playstation 4)
Pubblicato da: Activision (sviluppato da FreeStyle Games)




 

Prefazione. Dopo cinque anni dall'ultima incarnazione videoludica del brand (intitolata Warriors of Rock), Guitar Hero ritorna su console con una nuova proposta che, in qualche modo, si rifà alle origini, proponendo un gameplay incentrato esclusivamente sulla chitarra. Periferica che ha subito notevoli variazioni rispetto alle precedenti, in quanto dispone non più di cinque tasti bensì di sei, disposti in due file di tre. Ma non è la sola novità: andiamo a scoprire se questo “revival” del rock potrà riscuotere l'effetto sperato oppure se subirà i “buuuh” del pubblico.

Soundcheck, e poi via! Dopo un breve tutorial nel quale familiarizzeremo brevemente con la nuova disposizione dei tasti, imparando ad utilizzare gli accordi (combinazioni due o più note) e il barrè (di nuova introduzione: si ottiene premendo simultaneamente i due tasti disposti sulla stessa colonna), verremmo subito lanciati in pasto alla folla con l'esecuzione del nostro brano. La grafica cartoonesca dei precedenti capitoli è stata completamente abbandonata in favore di riprese dal vivo. Noi interpreteremo ovviamente la chitarra solista delle varie band con le quali andremo via via a suonare, il tutto in prima persona. Le riprese sono in ottima qualità, così come la sensazione di
Il design della nuova chitarra.
trovarsi su di un vero palco è davvero convincente, grazie anche all'incredibile cura nei dettagli avuta dagli sviluppatori. Non avremo più il “rockometro” per misurare in tempo reale le nostre prestazioni, ma saranno direttamente gli altri componenti della band e il pubblico a dirci come staremo andando. Una lunga serie di note corrette porterà la folla ad animarsi e ad accompagnare il cantante durante i ritornelli. Al contrario, numerosi errori faranno indisporre pubblico, musicisti, e perfino i rodies che lavorano dietro al palco. L'effetto è perfettamente riuscito: infatti, chi già non si sente molto a suo agio ad essere al centro dell'attenzione è avvisato. La sensazione di inadeguatezza che assale il videogiocatore che sta disperatamente provando ad azzeccare qualche nota è praticamente garantita.


GHTV. No, non è l'inizio del mio codice fiscale, è semplicemente l'acronimo che sta per Guitar Hero TeleVision, il servizio di streaming musicale che, a detta di Activision, dovrebbe rivoluzionare il modo di intendere il videogioco. Ma andiamo con ordine. La tracklist annunciata di Guitar Hero: Live è composta da oltre 100 canzoni, tutte molto variegate come generi (si va dal Metal al Pop, dall'Hard Rock all'Indie), ma non tutte sono state pensate per essere suonate “dal vivo”, nella modalità descritta poc'anzi. A fianco di una più canonica modalità carriera nella quale saliremo di volta in volta su palchi sempre più prestigiosi e suoneremo dalle tre alle quattro canzoni per volta, tutte raggruppate per genere o tema e solitamente di difficoltà crescente, si affianca il nuovo servizio Activision. In GHTV potremo suonare tutte le canzoni annunciate nel corso dei mesi, ma non con riprese dal vivo bensì trovandoci di fronte al video ufficiale del brano. Inoltre non sarà possibile acquistare in maniera permanente una o più canzoni, ma solamente suonarle ogniqualvolta vorremo spendendo un gettone, una delle valute presenti all'interno del servizio, ottenibili grazie a micro –
Un video dei mitici ZZ Top in riproduzione su GHTV.
transazioni oppure comprabile spendendo monete, ottenibili giocando. GHTV è il vero fulcro dell'esperienza di Guitar Hero: Live. Ad una prima impressione i difetti potrebbero sembrare molti più dei pregi, e la possibilità di non disporre di un catalogo di brani suonabili liberamente in qualsiasi momento farà storcere il naso a molti utenti, ma andiamo ad analizzare meglio la formula: GHTV presenta due distinti “canali” (cui presto se ne aggiungerà un terzo) che, ad intervalli di trenta minuti, ci consentono di suonare una lista di brani predefinita e raggruppata per temi in maniera del tutto libera e gratuita. Tramite la pressione di un pulsante posto sulla parte della chitarra, infatti, potremo “saltare” liberamente da un canale all'altro ed iniziare a suonare un brano anche a cominciare dal secondo ritornello o dall'assolo di chitarra. Alla fine, è un po' come quando si cambia stazione radio per cercare la canzone che più ci va di ascoltare in quel momento e, dopo essere rimasti un po' su quella stazione, cambiamo di nuovo. In questo modo il videogiocatore, semplicemente suonando quello che gli viene proposto, accumula monete con le quali può acquistare i gettoni senza ricorrere alle micro – transazioni. Utilizzando questo metodo ed essendo di “bocca buona” riguardo ai brani che ci vengono proposti, sarà possibile accumulare una discreta quantità di gettoni, di modo da non doversi preoccupare di accumularli nuovamente e suonare così le canzoni del catalogo, scegliendole. Per adesso i modi in cui Activision supporta il suo servizio si riducono alla possibilità di suonare dei “concerti Premium”, soddisfacendo determinati requisiti (o ricorrendo alle micro – transazioni) che permettono di avere accesso ad alcuni brani in anteprima. In futuro si dovrà garantire un flusso continuo di aggiornamenti per mantenere vivo il servizio.


Grafica e aspetto tecnico. Parlare di “grafica” per quanto riguarda questo nuovo capitolo di Guitar Hero è alquanto inappropriato. Non ci sono motori grafici cui saggiarne la potenza, o difetti nelle texture su cui soffermarci, poiché una parte dell'esperienza videoludica è stata realizzata con riprese dal vivo, mentre l'altra sfruttando i già citati video ufficiali. Sotto questo punto di vista non si possono che fare apprezzamenti all'ottimo lavoro svolto dal team di sviluppo, in quanto anche i video più “datati” sono stati reinderizzati in alta definizione. Una perplessità riguardo l'aspetto tecnico del titolo può venire dalla visualizzazione delle note: esse, avendo abbandonato
L'effetto della folla e del sentirsi su un palco è davvero ottimo.
completamente i cerchi che contraddistinguevano i precedenti capitoli, si presentano adesso come piccoli triangoli simili a plettri, o bianchi o neri a seconda dell'altezza delle note. E fin qui, niente da eccepire. Il problema nasce quando appaiono le note che servono per accumulare Hero Power (che serve ad entrare in una modalità nella quale, per un dato periodo, sarà più semplice mantenere elevato l'entusiasmo del pubblico): esse sono contornate di azzurro. In maniera analoga, anche le note che possono essere suonate anche senza plettrare, purché si suonino in sequenza, sono contornate di azzurro. Quando queste due colorazioni si sovrappongono non si riesce a capire quali note possano essere suonate senza plettrare e quali no, cosa che crea, specialmente nei momenti più concitati, parecchia confusione. Una scelta davvero strana.


Conclusioni

Pregi:
- Il rinnovato design della chitarra rinfresca il gameplay e si dimostra più profondo del precedente.
- Riprese dal vivo di alta qualità, ottima cura nei dettagli.
- GHTV funziona e diverte...
Difetti:
- … ma a molti non piacerà la formula supportata. Dovranno essere aggiunte continuamente delle features o dei nuovi brani per mantenere vivo il servizio.
- Poche canzoni suonabili con le riprese dal vivo: il resto è su GHTV, demandando ad una connessione online la completa fruizione del gioco.
- Alcune scelte stilistiche che inficiano, seppur di poco, l'esperienza.

Spazio ai numeri

Grafica: S.v. Ho preferito non assegnare alcun voto alla grafica poiché, seppur le riprese siano di ottima qualità, così come quella dei video ufficiali, sono solito giudicare una grafica realizzata al computer piuttosto che delle riprese. Rimane comunque un dato di fatto che il lavoro svolto è stato ottimo.
Gameplay: 8.5 E' stato “rivoluzionato” rispetto alle precedenti edizioni, e funziona. E' maggiormente incentrato sul ruolo della chitarra solista e si può variare la formula solamente collegando un microfono compatibile e divertendosi a suonare sulla stessa tonalità dei vari brani, ma Guitar Hero: Live risulta essere un gioco divertente e più profondo dei suoi predecessori.
Divertimento: 9. Come party game funziona alla grande. Può regalare serate di grande divertimento e, giocando da soli, la formula utilizzata da GHTV funziona. Peccato per l'impossibilità di acquistare definitivamente le singole canzoni: ne avrebbe giovato la longevità.
Sonoro: 9 La tracklist presente all'interno del gioco è molto variegata e, anche se non tutti i brani si mantengono su standard elevati e le scelte non potranno fare contenti tutti, sicuramente ce n'è per tutti i gusti. L'audio è inoltre di ottima qualità, e il classico mixer nel menù delle opzioni permette di selezionare singolarmente il volume di ogni strumento per poterlo apprezzare meglio.
Longevità: 8.5 Per chi non possiede una connessione internet probabilmente il voto andrebbe cambiato in 5. Per tutti gli altri molto dipende dalla voglia di giocare: si va dai pochi giorni alla durata infinita, soprattutto se Activision continuerà a supportare GHTV in maniera continua. Una media non aritmetica ma dettata dalla quantità di persone che posseggono una connessione stabile, quindi, per una categoria che è stavolta oltremodo soggettiva.

Voto finale e conclusioni: 9. Questa nuova incarnazione innova tornando alle origini, puntando forte su una e una sola nuova periferica e accentuando in questo modo a padroneggiare questo tipo di strumento. La “rivoluzione” che prende il nome di GHTV non potrà di certo piacere a tutti, ed è oltremodo ovvio che le micro – transazioni andranno a colpire soprattutto i casual gamers svogliati, ma il formato “tipo radio” e l'enorme quantità di brani presenti, virtualmente suonabili da tutti senza acquisti con soldi veri, aumentano la longevità e la qualità dell'esperienza. Vi sono dei difetti da limare, primo tra tutti un'eccessiva pochezza della modalità carriera, che alla fine si rivela essere utile solo per prendere confidenza con la nuova chitarra (seppure le riprese dal vivo siano davvero interessanti) e una richiesta di “always online” per usufruire di gran parte del gioco difficilmente sostenibile per una parte dell'utenza. Ma a parte questo, Guitar Hero: Live spacca. Rock on, baby!

Nicola Bertilotti

venerdì 6 novembre 2015

Number One: Assassination Classroom

Number One: Assassination Classroom


Data di pubblicazione: 2 Ottobre 2012 (Giappone) / 8 Maggio 2014 (Italia)
Editore: Planet Manga
Autore: Yusei Matsui
Volumi: 8 (in corso)





Non so con quali armi sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale, ma la Quarta sarà combattuta con i tentacoli.”Questa è una delle illuminanti citazioni di Korosensei, l'alieno con le fattezze di polpo che ha recentemente invaso la Terra. Egli, senza un motivo ben preciso, ha distrutto il 70% della Luna, e minaccia di fare lo stesso con il nostro pianeta. Di nuovo, senza un motivo ben preciso, l'alieno ha poi deciso che avrebbe accettato la possibilità di farsi uccidere solo a patto di poter essere l'insegnante della 3E della scuola media Kunugigaoka, una classe di studenti con voti particolarmente bassi relegati in una sede a parte, lontana da quella
principale. Gli alunni della 3E dovranno quindi imparare ad essere dei veri killer, poiché Korosensei si muove all'allucinante velocità di Mach 20 ed è quindi praticamente immune ad ogni assalto. I suoi tempi di reazione sono infatti troppo rapidi per essere contrastati da normali esseri umani. Nonostante ciò, Korosensei è vulnerabile all'effetto di determinati proiettili, creati appositamente dal governo, che possono ferirlo risultando al contempo innocui per gli esseri umani. Da queste folli premesse prende il via il primo numero di Assassination Classroom, il quale ci catapulta subito al centro dell'azione fin dalla prima pagina, senza troppi proemi, mostrandoci gli alunni intenti in ogni modo ad uccidere il proprio insegnante. Quest'ultimo, incurante degli spari e delle coltellate che piovono da ogni dove, coglie l'occasione per correggere i propri alunni sugli errori che commettono nel tentativo di
ucciderlo, dando loro dei consigli. Al contempo, Korosensei svolge le sue funzioni di insegnante a tempo pieno, in tutte le materie. Unica eccezione è educazione fisica, la qual cattedra verrà assegnata di al professor Karasuma, un agente governativo responsabile della supervisione della 3E. Egli si occuperà di rafforzare il fisico e la tecnica degli studenti, tutto ciò sotto gli occhi dell'alieno. L'unico vero studente che, almeno inizialmente, riesce a mettere in difficoltà Korosensei è Karma, un ragazzo che era stato già espulso dalla classe E (che sta per “End”, proprio a sottolineare di come quella classe sia l'ultima spiaggia per degli studenti con medie scarse) e reintegrato per l'occasione, poiché dotato di una spiccata propensione alla violenza. Dopo le prime schermaglie tra Korosensei e Karma, nelle quali quest'ultimo riesce addirittura a ferire il proprio insegnante (cosa mai accaduta fino a quel momento), l'alieno si mette sulla difensiva, decidendo di umiliare e al contempo educare il suo studente. Korsensei alla fine riesce nel suo intento e Karma, in fondo, arriva ad
apprezzare i metodi di Korosensei, accettandolo come insegnante. Questa è una cosa che accomuna tutti gli studenti della classe E: nonostante tutti, al loro interno, sappiano che Korosensei distruggerà la terra alla fine dell'anno scolastico se non saranno riusciti ad ucciderlo in tempo, nonostante siano consci che a chi porrà fine alla vita dell'alieno andrà un premio di dieci miliardi di Yen, gli studenti non riescono a non “affezionarsi”, in qualche modo, ai modi di fare premurosi di Korosensei. Egli, d'altro canto, non fa mai mancare nulla ai propri alunni. Come avrete certamente capito, Assassination Classroom non è un manga che si prende sul serio, bensì fa della comicità e del surrealismo le sue armi migliori.



Punti fondamentali

Storia: Perlomeno nel primo numero, la storia di Assassination Classroom si rivela essere, oltre che semplice, piuttosto misteriosa. Ci sono molte cose che non sappiamo: il background dei personaggi principali, ovvero Korosensei e gli studenti, le motivazioni che spingono l'alieno a comportarsi nel modo in cui si comporta, che cosa trama realmente il Governo nei riguardi della sezione E. Inoltre è chiaro che, appartenendo il manga al genere comico, la benzina e le idee per avere sempre nuove trovate che riescano a strappare un sorriso possono finire presto. Indubbiamente il primo numero di Assassination Classroom è pervaso dalla giusta dose di umorismo e non – sense, che rende la lettura mai noiosa, ma a lungo andare le possibilità sono due:
1) Le idee finiranno e quindi la serie perderà di mordente;
2) Presto o tardi il manga cambierà genere e alternerà passaggi umoristici ad altri più introspettivi o, forse, splatter. Nel caso di un cambio di genere bisognerà però vedere come esso sarà reso.



Stile. Qui arrivano le note dolenti. I disegni di Yusei Matsui sono quanto di più minimale ci possa essere: per sua stessa ammissione (ovviamente lo ha scritto in tono ironico), uno dei vantaggi di Korosensei è quello di essere facile da disegnare. Sia nei volti che nei corpi, seppure l'autore non faccia disastri come Kuromada, non si intravede per nulla l'abilità nel disegnare che dovrebbe essere propria di un mangaka, e ciò effettivamente limita, per certi versi, la sua opera, che risulta essere sotto questo punto di vista parecchio migliorabile. Matsui non si salva neppure con la “quantità”, poiché molte delle sue vignette risultano essere spoglie oppure occupate solamente da un paio di personaggi, senza la presenza di un particolare sfondo. Un vero peccato.



Personaggi. Come già detto, dal primo numero di Assassination Classroom è davvero difficile dare un giudizio sui personaggi presenti, poiché molto poco sappiamo su di loro e del loro passato. Perlopiù, per adesso essi vengono caratterizzati dalle loro azioni più che dai loro pensieri. Abbiamo quindi Karma, il reietto violento ed intrattabile. Poi Nagisa, il nostro protagonista nonché voce narrante, che è il classico ragazzo timido ed introverso tipico di molti altri manga. E ancora Karasuma, l'agente governativo temprato da un duro allenamento e già ben più maturo dell'età che realmente ha. Per quanto riguardo Korosensei, tutto è ancora avvolto nel più totale mistero: a volte è sul procinto di arrabbiarsi con gli studenti e arriva perfino a minacciare le loro famiglie, ma poi non fa niente. Si intravede, in un brevissimo flashback di un paio di pagine, che l'alieno ha fatto una promessa a qualcuno, ma ancora niente viene rilevato. Mi avvolgo quindi della “sospensione del giudizio” di Cartesiana memoria e vi rimando a giudicare da soli se sia possibile ricavare qualche informazione in più dai personaggi.



Consigliato? Ni.
Purtroppo, il primo numero di Assassination Classroom non è né carne, né pesce. Rivela troppe poche informazioni e mette troppa poca carne al fuoco perché il manga risulti consigliabile. Eppure, nonostante i suoi difetti (sia a livello grafico – visivo, sia a livello di “trama”, che per adesso ancora non c'è), il fumetto riesce a divertire per tutte le 192 pagine che lo compongono, senza mai annoiare né risultare troppo assurdo. Il mio consiglio, questa volta più che mai, è quello di provare il primo numero e decidere voi stessi se varrà la pena continuarlo nella speranza che esso fornisca più materiale oppure abbandonarlo nel dimenticatoio.


Nicola Bertilotti


martedì 27 ottobre 2015

Number One: Noragami

Number One: Noragami



Data di messa in onda: 5 Gennaio – 23 Marzo 2014
Episodi: 12 da 23 minuti ciascuno
Prodotto da: Studio Bones
Tratto da un'opera di: Adachitoka





Prefazione. Chi non desidererebbe avere al proprio servizio un Dio spendendo la modica cifra di pochi centesimi? Un Dio che ritroverà per voi il vostro micio, o zittirà il vostro compagno di banco che vi prende in giro, o impedirà alla vostra professoressa di matematica di venire a lezione... Ebbene, il Dio Yato può farlo. Come? Non conoscete il Dio Yato? Bhé, a quanto pare non siete i soli, dal momento che la dinività in questione non riscuote di un grande successo tra gli umani... Eppure, come farebbe una qualsiasi prostituta di basso rango per racimolare qualche soldo, scrive il suo numero di telefono sui muri della città, si presta a qualsiasi tipo di incarico ed è sempre gentile e cordiale con tutti! E tutto per costruire il suo personale santuario...





Con queste quasi deliranti premesse si apre il primo episodio, che incomincia mostrandoci una panoramica di una tipica scuola giapponese, dopodiché l'inquadratura stringe in particolare su una classe impegnata in un test d'esame. Fuori dalla finestra appare, inspiegabilmente invisibile agli occhi di tutti se non di una ragazzina, una specie di mostro dalla forma allungata. La ragazza, in quel momento, invoca il Dio Yato, che subito si
Yato in tutta la sua bellezza.
presenta... come proprio non ce lo aspetteremmo. Tuta, foulard d'ordinanza e pantaloni comodi: ecco la vera immagine di una divinità. Subito Yato si getta all'attacco del mostro brandendo un pugnale, che egli chiama in realtà “Strumento Divino” (Shinki) e che scopriremo, di lì a poco, essere una persona. Dopo che Yato è riuscito a sconfiggere il mostro decide, a seguito delle proteste della sua arma, di rilasciarla, spezzando così il contratto che li lega. E' così che, nei giorni successivi Yato, disarmato, decide di dedicarsi a lavori più umili rispetto all'uccisione di strani spiriti maligni. Lavori come il ritrovamento di un gattino disperso, per esempio. Una volta accettato l'incarico, Yato si impegna da subito nella ricerca del micio scomparso. Le sue peripezie lo porteranno ad incrociare la strada di Hiyori Iki, una studentessa che, assieme a delle amiche, si è fermata a leggere l'annuncio che parla proprio della scomparsa di Milord. Yato, consapevole della sua intangibilità di essere divino, individua il gatto in mezzo ad una trafficata strada e subito vi si getta all'inseguimento. Proprio in quell'istante, un autobus sta per passare a tutta velocità da quella parte: di sicuro
Il sogno segreto di Yato: diventare un re massaggiato.
Yato morirebbe, o almeno questo è quello che deve pensare Hiyori la quale, senza pensarci due volte, si getta verso Yato e lo spinge via, venendo però travolta dall'autobus in corsa. Hiyori si risveglia in ospedale, miracolosamente (quasi) illesa dall'accaduto. Yato viene a farle visita la notte stessa, adducendo come motivazione che, poiché la ragazza si è preoccupata delle sue condizioni di salute, allora lui riteneva giusto ricambiare il gesto. Yato inoltre rivela a Hiyori di essere un Dio, ma chiaramente lei non gli crede. Non appena Hiyori è abbastanza in forze per poter tornare a scuola, da subito iniziano a capitarle strani ed improvvisi attacchi di sonno. La ragazza, però, non si ricorda molto bene che cosa sia accaduto subito dopo l'incidente, poiché le sembra di essersi vista riversa a terra, come se si fosse in qualche modo sdoppiata. L'unico modo per avere delle risposte, pensa Hiyori, è quello di rivedere Yato e fargli delle domande; e l'unico modo per rivedere Yato è quello di trovare Milord, il micio. A trovarlo per primo è però il nostro Dio combinaguai, che fa di nuovo il suo incontro con uno spirito (che questa volta chiama “Fantasma”), e dal quale è però costretto a fuggire poiché ancora disarmato. Ancora una volta a salvarlo ci pensa Hiyori, la quale mette K.O. il mostro con un poderoso calcio da arti marziali miste. Con questa le volte che Hiyori in qualche modo ha salvato Yato salgono a
Il primo incontro Hiyori - Yato: colpo di fulmine?
due. Un nuovo attacco di sonno però la coglie alla sprovvista, e così Yato la porta lontano dal luogo in cui si trovano. Il Dio le spiega che, da questo momento in poi, saranno molto frequenti le volte in cui il corpo di Hiyori se ne rimarrà privo di vita in un determinato luogo, mentre la sua anima se ne andrà in giro liberamente. Ecco dunque spiegato il ricordo di Hiyori: la ragazza aveva visto il suo corpo riverso a terra tramite la sua anima. Quest'ultima è in tutto e per tutto identica a Hiyori, se non fosse per la presenza di una strana coda da gatto dall'utilità non ancora ben specificata. Hiyori chiede allora l'aiuto di Yato per poter tornare normale e, una volta pagata la strabiliante cifra di cinque yen, il Dio le promette aiuto, e l'episodio quindi finisce.



Punti fondamentali



Storyline. Il mix di comicità, azione e momenti più seri costituisce fin dall'inizio un ben riuscito pastiche. Da una parte abbiamo le stravaganze di Yato - dai risvolti tipicamente “giapponesi” - che non possono non strappare un sorriso. Tutto l'anime è permeato da una continua vena comica, la quale non appare mai fuori luogo o esagerata. Dall'altra, invece, abbiamo parti che si prendono più sul serio (specialmente quelle che riguardano i combattimenti o i momenti nei quali vediamo sia Yato che Hiyori all'opera). Questa mistura produce una costante alternanza di fasi che riesce, a conti fatti, ad intrattenere e risultare interessante e, al tempo stesso, accattivante.

Stile. Essendo uscito nel 2014 ed essendo stato animato dallo studio Bones (Full Metal Alchemist e Full Metal Alchemist: Brotherhood, tra gli altri, ndr.), le aspettative riguardo la qualità complessiva del prodotto devono essere giustamente alte. E per fortuna esse vengono rispettate. L'animazione è infatti di ottima qualità ed utilizza le più recenti tecniche sia nel campo della programmazione dei modelli sia nella reinderizzazione dei disegni a mano trasformati poi in computer grafica. I personaggi ripropongono fedelmente ciò che appare nelle pagine dell'omonimo manga (e questo è un bene), e di conseguenza l'eccessiva semplicità dei tratti  che a volte traspare in alcuni frangenti, soprattutto per quanto riguarda le espressioni e i volti in generale, non è che da implicare ad una volontà di rimarcare quanto più possibile l'opera cartacea. Un grande impatto visivo ce lo forniscono i colori: la tavolozza utilizzata è infatti molto ampia, ma a risultare gradevole (oltre che a fungere da “riempitivo visivo”) è la vividezza degli stessi e la loro varietà.


Personaggi. Solo note positive fino ad adesso, quindi, ed il trend prosegue anche andando ad esaminare i personaggi. Se ci concentriamo solamente sul primo episodio ne vanno presi in considerazione due: Yato e Hiyori. Nei venti minuti che compongono la puntata sfido chiunque a non innamorarsi di Yato: un Dio sfigato e guascone come pochi, che si fa pagare la misera cifra di cinque yen per ogni servizio che svolge nella speranza di poter venir venerato come uno dei maggiori dei e di avere un santuario tutto suo (tradizione anch'essa di stampo tipicamente giapponese). Come non amarlo? Inoltre è fin da subito palese che Yato, nonostante sia un dio della guerra, abbia un animo buono e gentile, e sia per questo sempre pronto ad aiutare gli altri. Eppure, non per questo è da escludere un suo lato più aderente al suo campo, magari anche cinico e spietato. Sarà da vedere. Venendo a parlare di Hiyori, essa non è assolutamente la classica ragazzina indifesa e stereotipata che ci aspetteremo da un prodotto tipicamente giapponese; anzi: le piacciono le arti marziali, solo che non può dirlo alla madre perché la cosa non sarebbe adatta ad una studentessa, e non esita a mettere a rischio la propria vita per salvare uno sconosciuto. Inoltre, Il rapporto che si può venire a creare tra lei e Yato e tra Yato e il suo futuro Strumento Divino destano sicuramente curiosità. Anche per questa caratteristica, quindi, niente da eccepire.



Consigliato? Assolutamente sì.
Non vi è alcun motivo per sconsigliare la visione di Noragami. A mio parere vi affezionerete fin da subito ai personaggi e vorrete vedere dove vi condurrà questo anime, se a sbellicarvi dalle risate o se a piangere raggomitolati in posizione fetale per qualche scossone inaspettato a livello di trama, e rimarrete anche piacevolmente sorpresi dall'ottimo lavoro di animazione svolto dallo studio Bones. Quindi date un occasione a Noragami e anche voi, come me, non ne rimarrete delusi.


Nicola Bertilotti