giovedì 3 dicembre 2015

"Perchè gioco ai videogiochi?"

"Perchè gioco ai videogiochi?"



Proprio così. Forse vi sarete posti questa domanda un sacco di volte, e ancora non siete riusciti a trovare una risposta adatta. Perchè voi (e me, ovviamente.) passate così tante ore davanti alla tv, cercando di conquistare un trofeo, uccidere il boss di turno che vi sbarra la strada o semplicemente a trovare il modo di superare quel fastidioso enigma che vi sta bloccando da un sacco di tempo? Qual è quel “non so che” di magico che vi porta a portare a termine un titolo anche se ha la peggior trama mai scritta sulla faccia della terra solo perchè ha un gameplay magnifico? Cerchiamo di scoprire la risposta a questa fatidica domanda elencando i cinque principali motivi che ci fanno venire voglia di giocare ancora, e ancora, e ancora...


1. I videogiochi sono divertenti. “E certo che lo sono, genio!” , mi starete sicuramente urlando. Eppure, per una non banale domanda, occorre sicuramente una banale risposta, tanto per iniziare. I videogiochi, per molti persone, rappresentano il momento nel quale staccano dai problemi della vita semplicemente premendo un tasto e sedendosi sul divano, e ciò accade perchè provano piacere nel farlo. Non sono qui per contestare il fatto che giocare l'ennesimo deathmatch a Call of Duty o la cinquecentesima partita a FIFA possa effettivamente annoiare piuttosto che intrattenere (Chi sto prendendo in giro? Ovvio che sono qui per farlo.), ma il principio di fondo rimane: oscuriamo per un attimo ciò che ci sta attorno, stacchiamo la spina per qualche dolce, dolcissimo minuto, e siamo felici grazie al mezzo videoludico domestico. Nella sua banalità, ciò ha un potere immenso.


2. I videogiochi possono teletrasportarti in un mondo fantastico e meraviglioso. Pensateci: quante volte ci siamo ritrovati persi in uno sconfinato mondo fantasy ammirandone il paesaggio, le costruzioni, gli abitanti, gli animali, la flora...? Solo per citare qualche esempio, pensiamo alla città sottomarina di Rapture del primo Bioshock: il primo impatto con essa, il discorso di Andrew Ryan, la presentazione della città con quelle scenografiche scritte nei cerchi, le balene che nuotavano a fianco della nostra battisfera... O ancora, andiamo indietro con la memoria alla saga di Final Fantasy: anche tralasciando le ultime incarnazioni della serie, se ripensiamo a quando i modelli tridimensionali di personaggi e scenari erano appena abbozzati ci rendiamo conto di quale sia il vero potere dei videogiochi. E a ciò bisogna dare merito.


3. Ma sto giocando ad un videogioco o sto guardando un film? Questa è una tendenza che si è sviluppata soprattutto nell'ultimo decennio, grossomodo a partire da quel capolavoro Quantic Dream che è Heavy Rain e proseguita poi con Beyond: Two Souls. Nel primo titolo da me citato il gameplay non consisteva in altro se non in alcuni QTE (ben studiati, a dir la verità) che avevano un diretto effetto sui personaggi da noi controllati, i quali potevano addirittura decedere a seguito di una nostra mossa sbagliata e ciò avrebbe di conseguenza influito sul proseguo dell'esperienza videoludica. Se a questa libertà d'azione uniamo una narrazione che assomiglia molto a quella di un film giallo con tinte noir, è facile comprendere come l'approccio utilizzato da Heavy Rain sia unico nel suo genere e destinato a fare scuola. Seppur col lavoro successivo Quantic abbia provato a migliorarsi, i risultati sono stati a dir poco deludenti, riuscendo ad andare ad incidere in maniera positiva solamente per quanto riguarda le animazioni dei personaggi, soprattutto quelle facciali. Ciò che è certo è che, almeno a parer mio, certi esperimenti meta – videoludici siano assolutamente da premiare e foreggiare, e sicuramente il recente Until Dawn ci potrà dare ancora una volta conferma di quanto si possa porsi a metà strada tra un film ed un videogioco vero e proprio mettendo d'accordo pubblico e critica.


4 .I Party Games! Sono un po' preoccupato, e vi dirò il perchè: mi sto immaginando un hardcore gamer ultra - trentenni, ma di quelli belli tosti che hanno preso scomuniche su scomuniche a causa di Donkey Kong, Super Mario e Dark Souls, che legge questo quarto punto. Probabilmente avrà già distrutto parte della propria stranza per la rabbia. Per chi non lo sapesse, dai videogiocatori più hardcore i party games sono considerati spazzatura. Io non sono certo qui per smentirli, ma vorrei solo ricordare che giochi come Just Dance, Guitar Hero, Sing It!, Mario Karts, Rayman Raving Rabbids siano l'apoteosi del divertimento, soprattutto se si è disposti a chiudere un occhio su evidenti difetti, risiedenti soprattutto in una troppo pronunciata ripetitività delle meccaniche, e che riescano a costituire un'ottima alternativa ad un film per una serata in compagnia di amici. E' chiaro, per fortuna non tutti questi titoli richiedono di dover fare gli imbecilli per poter giocare degnamente, ma anche la Nintendo Wii, con la sua vasta gamma di titoli “di gruppo”, ci insegna che è possibile tratte divertimento anche interagendo con il gioco e con gli altri. Basta sapersi adattare. In fondo, è solo per qualche ora.


5. I videogiochi mettono in contatto le persone. Oramai è innegabile, stiamo vivendo l'era d'oro di internet e dei social: tutti sono messi in contatto gli uni con gli altri ed essi con il mondo, ed i videogiochi non fanno eccezione. Recentemente si sta assistendo ad un incremento del fenomeno del “Free to Play” anche sulle console casalinghe, e come è rinomato certi tipi di videogiochi si fondano sulla cooperazione attiva tra videogiocatori. Titoli come League of Legends, fondati sull'aiuto reciproco tra membri di uno stesso team (Certo, certo, con quella community poi... ;) ) o più in generale di un qualsivoglia MMORPG che abbia componenti di PVE cooperativo e PVP competitivo possono aiutare persone che non riescono a relazionarsi in altri modi a compiere un primo importante passo. Certo, non divinizziamo un fenomeno che è comunque dettato da ferree leggi economiche e commerciali, ma dalla parte di chi usufruisce del servizio ciò è a volte visto come un'opportunità, ed è corretto assegnare il giusto merito alle cose.

Nicola Bertilotti

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