"Perchè gioco ai
videogiochi?"
Proprio così. Forse vi
sarete posti questa domanda un sacco di volte, e ancora non siete
riusciti a trovare una risposta adatta. Perchè voi (e me,
ovviamente.) passate così tante ore davanti alla tv, cercando di
conquistare un trofeo, uccidere il boss di turno che vi sbarra la
strada o semplicemente a trovare il modo di superare quel fastidioso
enigma che vi sta bloccando da un sacco di tempo? Qual è quel “non
so che” di magico che vi porta a portare a termine un titolo anche
se ha la peggior trama mai scritta sulla faccia della terra solo
perchè ha un gameplay magnifico? Cerchiamo di scoprire la risposta a
questa fatidica domanda elencando i cinque principali motivi che ci
fanno venire voglia di giocare ancora, e ancora, e ancora...
1. I videogiochi sono
divertenti. “E certo che lo sono, genio!” , mi starete
sicuramente urlando. Eppure, per una non banale domanda, occorre
sicuramente una banale risposta, tanto per iniziare. I videogiochi,
per molti persone, rappresentano il momento nel quale staccano dai
problemi della vita semplicemente premendo un tasto e sedendosi sul
divano, e ciò accade perchè provano piacere nel farlo. Non sono qui
per contestare il fatto che giocare l'ennesimo deathmatch a Call of
Duty o la cinquecentesima partita a FIFA possa effettivamente
annoiare piuttosto che intrattenere (Chi sto prendendo in giro? Ovvio
che sono qui per farlo.), ma il principio di fondo rimane: oscuriamo
per un attimo ciò che ci sta attorno, stacchiamo la spina per
qualche dolce, dolcissimo minuto, e siamo felici grazie al mezzo
videoludico domestico. Nella sua banalità, ciò ha un potere
immenso.
2. I videogiochi possono
teletrasportarti in un mondo fantastico e meraviglioso. Pensateci:
quante volte ci siamo ritrovati persi in uno sconfinato mondo fantasy
ammirandone il paesaggio, le costruzioni, gli abitanti, gli animali,
la flora...? Solo per citare qualche esempio, pensiamo alla città
sottomarina di Rapture del primo Bioshock: il primo impatto con essa,
il discorso di Andrew Ryan, la presentazione della città con quelle
scenografiche scritte nei cerchi, le balene che nuotavano a fianco
della nostra battisfera... O ancora, andiamo indietro con la memoria
alla saga di Final Fantasy: anche tralasciando le ultime incarnazioni
della serie, se ripensiamo a quando i modelli tridimensionali di
personaggi e scenari erano appena abbozzati ci rendiamo conto di
quale sia il vero potere dei videogiochi. E a ciò bisogna dare
merito.
3. Ma sto giocando ad un
videogioco o sto guardando un film? Questa è una tendenza che si è
sviluppata soprattutto nell'ultimo decennio, grossomodo a partire da
quel capolavoro Quantic Dream che è Heavy Rain e proseguita poi con
Beyond: Two Souls. Nel primo titolo da me citato il gameplay non
consisteva in altro se non in alcuni QTE (ben studiati, a dir la
verità) che avevano un diretto effetto sui personaggi da noi
controllati, i quali potevano addirittura decedere a seguito di una
nostra mossa sbagliata e ciò avrebbe di conseguenza influito sul
proseguo dell'esperienza videoludica. Se a questa libertà d'azione
uniamo una narrazione che assomiglia molto a quella di un film giallo
con tinte noir, è facile comprendere come l'approccio utilizzato da
Heavy Rain sia unico nel suo genere e destinato a fare scuola. Seppur
col lavoro successivo Quantic abbia provato a migliorarsi, i
risultati sono stati a dir poco deludenti, riuscendo ad andare ad
incidere in maniera positiva solamente per quanto riguarda le
animazioni dei personaggi, soprattutto quelle facciali. Ciò che è
certo è che, almeno a parer mio, certi esperimenti meta –
videoludici siano assolutamente da premiare e foreggiare, e
sicuramente il recente Until Dawn ci potrà dare ancora una volta
conferma di quanto si possa porsi a metà strada tra un film ed un
videogioco vero e proprio mettendo d'accordo pubblico e critica.
4 .I Party Games! Sono un
po' preoccupato, e vi dirò il perchè: mi sto immaginando un
hardcore gamer ultra - trentenni, ma di quelli belli tosti che hanno
preso scomuniche su scomuniche a causa di Donkey Kong, Super Mario e
Dark Souls, che legge questo quarto punto. Probabilmente avrà già
distrutto parte della propria stranza per la rabbia. Per chi non lo
sapesse, dai videogiocatori più hardcore i party games sono
considerati spazzatura. Io non sono certo qui per smentirli, ma
vorrei solo ricordare che giochi come Just Dance, Guitar Hero, Sing
It!, Mario Karts, Rayman Raving Rabbids siano l'apoteosi del
divertimento, soprattutto se si è disposti a chiudere un occhio su
evidenti difetti, risiedenti soprattutto in una troppo pronunciata
ripetitività delle meccaniche, e che riescano a costituire un'ottima
alternativa ad un film per una serata in compagnia di amici. E'
chiaro, per fortuna non tutti questi titoli richiedono di dover fare
gli imbecilli per poter giocare degnamente, ma anche la Nintendo Wii,
con la sua vasta gamma di titoli “di gruppo”, ci insegna che è
possibile tratte divertimento anche interagendo con il gioco e con
gli altri. Basta sapersi adattare. In fondo, è solo per qualche ora.
5. I videogiochi mettono in contatto le persone. Oramai è innegabile, stiamo vivendo l'era d'oro di
internet e dei social: tutti sono messi in contatto gli uni con gli
altri ed essi con il mondo, ed i videogiochi non fanno eccezione.
Recentemente si sta assistendo ad un incremento del fenomeno del
“Free to Play” anche sulle console casalinghe, e come è rinomato
certi tipi di videogiochi si fondano sulla cooperazione attiva tra
videogiocatori. Titoli come League of Legends, fondati sull'aiuto
reciproco tra membri di uno stesso team (Certo, certo, con quella
community poi... ;) ) o più in generale di un qualsivoglia MMORPG
che abbia componenti di PVE cooperativo e PVP competitivo possono
aiutare persone che non riescono a relazionarsi in altri modi a
compiere un primo importante passo. Certo, non divinizziamo un
fenomeno che è comunque dettato da ferree leggi economiche e
commerciali, ma dalla parte di chi usufruisce del servizio ciò è a
volte visto come un'opportunità, ed è corretto assegnare il giusto
merito alle cose.
Nicola Bertilotti
Nessun commento:
Posta un commento