giovedì 22 maggio 2014

Che cosa sei disposto a fare per le persone che ami?

Che cosa sei disposto a fare per le persone che ami?

Attenzione: questo articolo contiene spoiler su Heavy Rain. Chi non vuole anticipazioni non proceda oltre nella lettura per non rovinarsi l'esperienza.
 





 





















"Piove. Di nuovo. Non ha smesso un attimo da quando è successo... dove sei, Shaun? Come è potuto accadere... io lo salverò, lo giuro sulla mia vita. Aspettami, piccolo mio: papà sta arrivando."
Questo deve aver pensato Ethan Mars dopo il rapimento del figlio da parte del misterioso assassino dell'Origami, un criminale esperto, maniacale, dal movente ancora incerto ma dall'agire metodico: affoga le proprie vittime nell'acqua piovana; tutti bambini molto piccoli. Heavy Rain è un gioco sviluppato dallo studio francese Quantic Dream e commercializzato nel 2010 all'interno del quale vestiremo i panni di quattro personaggi ben distinti, ognuno con la propria personale storia, la quale si intreccerà con quella degli altri. Ma ciò su cui voglio focalizzare l'attenzione in questo breve articolo è il rapporto padre - figlio che si verrà a consolidare tra Ethan e Shaun nel corso del gioco. Ethan infatti, già tormentato per un matrimonio fallito a causa della prematura scomparsa del primogenito Jason, dovrà superare cinque prove che l'assassino gli porrà davanti per testare fino a che punto può spingersi un padre per amore: ad ogni prova superata l'assassino rivelerà ad Ethan alcune lettere che andranno a comporre l'indirizzo del luogo dove è tenuto prigioniero Shaun. Andiamo ad analizzarle una per una, provando a metterci nei panni di un padre pronto a tutto: 


                                                                                                                                                        

  • Prima prova. L'assassino ci invita ad utilizzare un auto da lui precedentemente
    La prima prova.
    preparta: con l'essa dovremo guidare contromano in autostrada per 5 chilometri. Una cosa apparentemente folle, che nessuno di noi farebbe, ma che in questo caso è necessaria. Quindi piede sull'acceleratore e via, in uno slalom mortale tra tir ed autombili a velocità sostenuta, stando sempre sul filo del rasoio, tra la vita e la morte.



  • Seconda prova. Veniamo condotti fino ad una centrale elettrica abbandonata ma stranamente ancora in funzione. Seguendo le indicazioni lasciateci dall'assassino, ci troviamo davanti un lungo tunnel ed una scatola di fiammiferi: l'unica scelta è quella
    Invitante, no?
    di proseguire. Con nostro grande rammarico, una volta entrati nel cunicolo scopriamo che il terreno antistante a noi è stato cosparso di vetri acuminati. Alle nostre spalle, il luogo da cui siamo entrati si chiude da solo. Non abbiamo alternative, siamo costretti a condurre Ethan su quelli stessi cocci facendolo ferire e tagliare; soffriamo con lui, lo sentiamo ansimare per il dolore, ci sentiamo oppressi dal senso di chiuso, con l'unica indicazione che i fiammiferi ci offrono: infatti, seguendo la direzione della loro fiamma, riusciremo a trovare l'uscita da questa terribile trappola. Una volta superata questa difficoltà dovremo oltrepassare dei generatori ad alta tensione che scaricheranno una scossa ad altissima intensità non appena li sfioreremo. Dopodichè, la prova potrà dirsi superata.





  • Terza prova. Il luogo è un edificio fatiscente, quasi distrutto da un precedente incendio. Entriamo in una piccola stanza con una scrivania in mezzo, sulla quale è posto un computer portatile. Da esso l'assassino ci comunicherà, con voce camuffata, in cosa consiste la nostra prova: Ethan avrà dieci minuti di tempo per recidersi un dito della mano davanti alla videocamera del pc, così che l'assassino possa vederlo. Preso
    I ferri del mestiere.
    dallo sconforto e dal disgusto, anche il giocatore stesso si metterà una mano alla bocca al pensiero di ciò che dovrà fare. Ci vorrà tutto il nostro coraggio per cercare nella stanzetta degli strumenti adatti al nostro scopo. Riusciremo a reperire un paio di forbici arrugginite, un bastone di ferro, una sega dentata, un accetta, un paio di pinze ed una mannaia, oltre a dell'alcool per alleviare il dolore ed annebbiare la nostra razionalità. Il cuore batte all'impazzata. La scena è drammatica: sarà necessario del fegato per dare quel fatale scossone al joypad e compiere quell'estremo gesto, assistendo successivamente all'atroce sofferenza che ciò provoca in Ethan, il quale si contorcerà a terra agonizzante.





  • Quarta prova. Un nome ed una pistola. Questo è tutto ciò che avremo a disposizione. L'assassino vuole che uccidiamo qualcuno, una persona che non conosciamo e che non ci ha fatto nulla di male. Ci dirigiamo a casa sua. Suoniamo al campanello e scopriamo dalla sua accoglienza che non ha molta voglia di parlare. Ci offre della droga, ma noi non siamo lì per quello, e forse potremo estirpare una mela marcia della nostra
    Il fatidico momento.
    società. Magra consolazione, noi non siamo degli assassini, non siamo come lui. Gli puntiamo la pistola contro ma l'uomo reagisce, imbraccia un fucile ed inizia una folle colluttazione nella quale le prede siamo noi. Arriviamo in una stanza che non comunica con nessun'altra: siamo in trappola. Non abbiamo il coraggio di guardare. Ma l'uomo ha finito le munizioni, forse non tutto è perduto, adesso abbiamo noi il coltello dalla parte del manico. Si inginocchia, implorandoci di non ucciderlo. Ma è un drogato, è meglio per tutti se muore, non ha nessuno che lo rimpiangerebbe, facciamo solo un favore al mondo. Ma all'improvviso lui ci mostra una foto della sua famiglia, ci dice di avere moglie e figlie e guardandoci attorno ci accorgiamo che siamo proprio nella camera delle bambine.  Ma noi dobbiamo salvare nostro figlio, lo dobbiamo uccidere. Ethan chiude gli occhi.
    "Anche io sono un padre". Il corpo dell'uomo è riverso a terra. Ethan vomita dal disgusto di ciò che ha appena fatto e scatta una foto al cadavere, proprio come da disposizione dell'assassino. La prova è superata.





  • Quinta prova. Ci ritroveremo di fronte ad un lungo corridoio che sbocca su una stanza con pareti bianchissime. Tutt'attorno a noi, monitor che ci riprendono, cogliendo ogni nostra minima espressione facciale. Sul tavolo posto al centro della sala c'è una
    La morte ci aspetta.
    boccetta; le indicazioni dell'assassino sono brevi e lapidarie: bevi il veleno che c'è all'interno del recipiente e dimostrami che sei disposto a sacrificare anche la tua stessa vita per tuo figlio. Il veleno infatti ci ucciderà in un'ora esatta dopo la sua assunzione, e in quello stesso arco di tempo dovremo raggiungere nostro figlio, salvarlo, e nello stesso momento dirgli addio abbracciandolo per l'ultima volta. Oramai ci siamo spinti troppo oltre... beviamo senza pensarci e diciamo addio a questo mondo maledetto; abbiamo accontentato quel pazzo e adesso andremo a soccorrere Shaun.

Se soltanto leggendo in cosa consistono le prove vi sono venuti nuovamente i brividi proprio come quando avete vissuto voi in prima persona le prove giocando il titolo; se leggendo avete nuovamente riflettuto su cosa leghi indissolubilmente un padre da un figlio, e se ancora vi siete ritrovati a chiedervi se voi stesso vi spingereste fino a tanto per la vostra ragazza, madre, padre o figlio bhè... Vi sarete nuovamente resi conto di cosa sappia regalare Heavy Rain, e di che cosa significhino veramente i videogiochi.

mercoledì 21 maggio 2014

"Desidera?" "Una bella trama, per cortesia."

"Desidera?" "Una bella trama, per cortesia."
 

Bene o male? Verità o menzogna? Testa o croce?
Chi pensa che le belle trame siano presenti solo nei film o nei libri si sbaglia di grosso: esistono dei videogiochi capaci di farti vivere una storia incredibilmente toccante, sorprendente o commovente. Essi suscitano emozioni che nemmeno un grande colossal saprebbe regalare. Basti pensare, ad esempio, ad un titolo come "The Last of Us", recente produzione targata Naughty Dog: nel gioco ci ritroveremo infatti nel bel mezzo di una epidemia incurabile che sta decimando la popolazione mondiale. Essa si diffonde a macchia d'olio su tutto il territorio e giunge inaspettata, come un tuono, e noi stessi veniamo risucchiati nel vivo della storia in un attimo. Le prime sequenze di gioco sono incredibili: il Texas è nel panico e Joel, il nostro protagonista, tenta di fuggire assieme alla figlia e suo fratello. Assistiamo a scene di disperazione, follia, agitazione, panico e crudeltà in un vortice di emozioni che si intrecciano sino a formare un mosaico di straordinaria bellezza narrativa e vivida carica realistica. Il cardine dell'esperienza è però il rapporto che si verrà a creare tra lo stesso Joel ed Ellie, una ragazza che l'uomo dovrà scortare in un avamposto sicuro e che gli ricorderà sua figlia, Sarah. Sublime e malinconico, il videogioco supera sè stesso per entrare in una dimensione mistica fatta di emozioni e sentimenti tangibili, senza finzioni o pareti a separare la realtà virtuale da quella quotidiana. Altri esempi di meraviglia narrativa ci vengono dal primo capitolo della serie "Bioshock" e da quello denominato "Infinite". Partendo proprio dal primo capitolo, esso è un capolavoro di immersività ed atomsfera che ci trascinerà in una città sottomarina realizzata sulla base di un sogno utopico ed irrealizabile. Il gioco ci celerà le sue verità e ci lascerà di stucco con un colpo di scena (che è più un colpo di genio) tanto velato quanto ripetuto. Il gore e le lievi tinte horror presenti all'interno del titolo non fanno altro che intensificare ancora di più l'esperienza, arricchendola di sfumature nuove ed inaspettate, soprattutto per gli standard degli sparatutto moderni. Bioshock Infinite, invece, riesce a proporre in un videogioco temi di grande spessore sociale quali il razzismo, le guerre, le sette religiose e molto altro ancora con eventi che accadono in una città costruita un po' più in sù delle nuvole. Essa sembrerà libera e ridente, ma è in realtà vittima di un opprimente sistema di regime. Il modo con cui ci vengono narrati gli eventi, così semplice e surreale, riesce a tenere il videogiocatore incollato allo schermo per l'intera durata dell'avventura. Il pirotecnico finale, poi, ci condurrà per mano attraverso le piaghe di una filosofia del mondo che difficilmente ci si aspetterebbe di ritrovare in un "semplice" videogioco, costituendo una delle conclusioni più sorprendenti e meravigliosamente inaspettate di tutto il panorama videoludico degli ultimi anni. Inoltre, le città di Columbia e Rapture rappresentano le due facce di una stessa medaglia: la prima, sita così in alto da non essere visibile, dovrebbe rappresentare il paradiso ideale di ogni suo abitante, mentre la seconda, costruita sul fondo degli abissi, è un inferno popolato da mutanti avidi e riluttanti. Entrambe però rappresentano lo specchio di cosa il più grande nemico dell'uomo, ovvero la sete di potere, possa arrivare a creare. Guardandoci alle spalle nelle generazioni passate, ritroviamo poi videogiochi che parlano, ad esempio, di un mondo costruito sulla disperazione e sull'angoscia dell'espiazione dei propri peccati, come nel caso di Final Fantasy X, oppure ci capita di assistere ad una disperata lotta contro nemici colossali nella speranza di riportare in vita la donna amata, come in quello di Shadows of the Colossus. Concludendo, quindi, possiamo dire con certezza che tutti quelli che guardano al mondo dei videogiochi come ad un qualcosa da "bambini" di certo non si rendono conto di un bel po' di cose. Ovviamente una trama originale e complicata, così come una narrazione coinvolgente, non sono i cardini fondamentali di un buon videogioco, poichè sono importanti anche altri elementi quali ad esempio il gameplay o il divertimento, ma esistono senza dubbio esempi di come essa possa costituire la cornice di uno splendido quadro. L'importante è assecondare i nostri gusti videoludici.
Gameplay o trama? Grafica o narrazione? Voi cosa scegliereste?
Testa... o croce?

sabato 17 maggio 2014

Pokémon: from generation to generation (ep.1)

Introduzione: Ciao a tutti! Questo è il primo episodio di una piccola "rubrica" dedicata ad una mia sconfinata passione che coltivo fin da quando ero piccolo... i Pokèmon! Essa sarà composta da 6 brevi articoli, uno per generazione (più uno sfizioso extra!), che ci aiuteranno a ripercorrere le prime generazioni dei coloratissimi mostriciattoli nipponici. Quindi buona lettura e grazie in anticipo a chi avrà la pazienza di seguirmi in questo nostalgico viaggio!
Pokémon: from generation to generation (ep.1)
1996. Il mondo balla la Macarena, gli Oasis riempono gli stadi con Wonderwall, le ragazze indossano fasce per i capelli e maxi - zeppe mentre gli uomini si lasciano crescere i capelli. Michael Jhonson stravince le Olimpiadi polverizzando il suo stesso precedente record sui 200 metri ed il mondo piange la morte di Tupac. Clinton viene rieletto e Kofi Annan diviene segretario generale dell'ONU. Ma per i più piccoli, alla parte del mondo alla quale i grandi avvenimenti non interessano, la vita scorre normale e serena come sempre. Fino a quando non arrivano... i Pokèmon!
Ebbene si, poche settimane dall'uscita e fu subito Pokè - mania, poichè proprio in quell'anno uscivano i primi titoli dedicati ai pocket monster, i mostriciattoli tascabili targati Game - Freak che avrebbero conquistato milioni e milioni di appassionati in tutto il mondo, dai bambini fino agli uomini in carriera, raggiungendo una fama tale da essere commercializzate ben 6 generazioni nel corso degli anni. I primi titoli della serie furono pokèmon Verde (mai distribuito al di fuori del Giappone), e pokèmon Rosso, ai quali seguirono gli episodi

Le cover dei primi videogiochi dedicati ai pokèmon.
chiamati Blu (1997) e Giallo (1998). I primi 3 giochi sopra elencati condividono la stessa trama e lo stesso sviluppo dell'avventura e si differenziano l'un l'altro solo per alcune diversità nelle specie di pokèmon ottenibili, mentre la versione "Giallo" è una sorta di "raccolta" nella quale è possibile collezzionare tutti gli starter presenti nei giochi passati.
Questa forumla diventerà poi un must della serie, poichè verranno commercializzati capitoli con le stesse funzioni di pokèmon Giallo di generazione in generazione. I giochi ci vedono vestire i panni dell'oramai classica figura di un allenatore in erba al quale verrà richiesto di intraprendere un viaggio formativo assieme ai suoi amici Pokèmon. Iniziando dalla celeberrima "Pallet Town" (Biancavilla) dovremo spingerci oltre i nostri stessi limiti con l'intento di raggiungere la Lega Pokèmon con lo scopo di diventare il miglior allenatore di tutti i tempi e nel frattempo fare anche la conoscenza di ben 151 specie diverse di mostriciattoli, tutte ovviamente ottenibili, di valorosi allenatori che ci sfideranno lungo il nostro percorso e capipalestra pronti a vender cara la pelle. Non mancherà in questi primi capitoli la famigerata organizzazione denominata "Team Rocket", la quale persegue obbiettivi disparati (come il controllo di un casinò o di una intera montagna) non ponendosi scrupoli nello sfruttare i nostri amati pokèmon. Sarà inoltre presente il personaggio di Gary, nipote dell' oramai mitico prof. Oak, in veste di antagonista e rivale del nostro eroe. Ma a farla da padrone in questi videogiochi e a divenire il motivo principale dello scoppio della pokè - mania sono proprio loro, i meravigliosi e fantastici mostriciattoli presenti a Kanto, regione nella quale
I primi tre starter, da sinistra: Squirtle, Bulbasaur e Charmander
sono ambientati i giochi. I 3 starter (i Pokèmon iniziali tra i quali il nostro eroe dovrà scegliere all'inizio del gioco), Charmander, Squirtle e Bulbasaur (divenuti oramai leggendari), rimarranno per sempre nella mente di ogni ragazzo che abbia dovuto compiere una scelta così ardua e decisiva all'inizio del proprio avventuroso viaggio, ma non solo loro: chi non si ricorda di essere investito da uno tsunami di Zubat non appena messi i piedi all'interno di una caverna? O il celeberrimo topolino giallo, Pikachu? O i gemelli diversi Mew e Mewtwo? Mostriciattoli impossibili da dimenticare che hanno segnato giornate intere della nostra gioventù. Sono soprattutto i pokèmon della prima generazione, infatti, a scatenare ricordi nostalgici nei videogiocatori di vecchia data, che mai potranno dimenticarsi le lunghe giornate estive passate al mare o in montagna con gli amici a scambiarsi pokèmon non ottenibili diversamente solo per potersi inorgoglire di completare per primi il Pokèdex. Ma non bisogna assolutamente pensare al brand dei Pokèmon come un prodotto rivolto soltanto ai più piccoli: il battle system sul quale i giochi poggiano, infatti, è semplice da spiegare ma altrettanto profondo da gestire. Potremmo portare con noi fino ad un massimo di 6 mostriciattoli per volta, ed ognuno di essi potrà salire di livello sconfiggendo altri pokèmon, che siano essi selvatici o controllati da altri allenatori. Ad ogni pokèmon è assegnato uno o più "tipi", come ad esempio "fuoco" o "erba". Acquisendo via via esperienza i nostri fidati amici potranno apprendere fino a 4 mosse diverse, votate sia all'offesa del proprio rivale sia al potenziamento delle nostre successive azioni. Al giocatore sarà richiesto di volta in volta di adattare la propria strategia al tipo di allenatori che si troverà davanti e una squadra ben bilanciata che potrà vantare su un ampio repertorio di mosse avrà vita più facile negli scontri. Un classico JRPG (gioco di ruolo orientale) a turni dalla difficoltà costantemente crescente, quindi, e di certo non bollabile come "da bambini".

In conclusione, con l'avvento dei primi videogiochi del brand Pokèmon, il mondo ha scoperto sì una moda, ma anche un prezioso gioiello nel mondo dei giochi di ruolo: l'ambientazione stratosferica e fantastica, l'immersività totale con una nazione fittizia ma così vera e l'unione spirituale con ognuno dei pokèmon che andavamo a catturare garantisce ore e ore ininterrotte di gioco anche a più di 15 anni dall'uscita dei primi capitoli. Le radici dei più recenti giochi dedicati alla serie attingono inevitabilmente la loro linfa vitale da ciò che la prima generazione di pokèmon ha rappresentato sia per il mercato sia a livello sociale, e ad essa va tributato grande rispetto: non esiste modo migliore per farlo se non quello di rigiocare questi titoli, so... Gotta catch'em all!

sabato 10 maggio 2014

Le mille e una morte


Recensione Dark Souls II
Ebbene si. Ci siamo, di nuovo. Agito il sacchetto che ho tra le mani: è pesante. Stavolta sono tornato a casa con una steelbook in edizione da day one. Sono nell'elite. La salivazione è praticamente azzerata, le mani sono sudate, la voce trema. Osservo il joypad vicino alla mia console: anche lui ha paura. Sa che potrebbe essere scagliato contro il muro e cessare di esistere per sempre; ne è conscio. Ma sa anche che io non ho altra scelta, devo giocare. Mi siedo, accendo la tv e lo prendo delicatamente in mano (maliziosi). Benvenuti in Dark Souls II.

Primi passi: Dopo aver cliccato su "nuova partita" ci verrà mostrato un iniziale filmato che ci introdurrà alle basi sulle quali la trama di Dark Souls II poggia e che sarà (per quanto difficilmente immaginabile) ancor più nebuloso di quello del "prequel". Nel suddetto video ci verrà spiegato che il nostro personaggio è vittima di una "maledizione" e che sarà
Una delle streghe che incontreremo all'inizio del gioco.
costretto a compiere il proprio destino in un mondo pieno di esseri vuoti e terrificanti mostri. Tutto invitantissimo come sempre. Muoveremo quindi i primi passi familiarizzando con i controlli di base ed avanzando nell'area iniziale, fino a quando non faremo la conoscenza di alcune simpaticissime vecchiette che abitano una casa in mezzo al nulla, le quali ci bolleranno sin da subito come falliti che non riusciranno a sopravvivere nemmeno qualche ora all'interno del mondo di gioco. Bene così. Le donne ci forniranno poi un oggetto fondamentale per la prosecuzione del nostro viaggio, ovvero una effige umana, la quale ci permette di riacquistare la nostra forma originaria una volta caduti in battaglia. Durante il dialogo con le anziane signore potremmo dare un nome al nostro avatar virtuale e procedere con la creazione dello stesso,
Uno scorcio di Majula.
comprensiva della scelta della classe (guerriero, cavaliere, stregone, mago, esploratore,
bandito, selvaggio o "dual swordsman") e del canonico dono iniziale, uno dei pochi regali che il gioco ci farà. Successivamente ci addentreremo in un primo scorcio di gameplay vero e proprio, che sarà più un tutorial per i combattimenti e le abilità di base del nostro personaggio e nel quale impareremo azioni fondamentali quali le schivate e il "lock" (agganciamento) dei nemici. Una volta usciti da quest'area e raggiunta Majula, l'hub centrale del gioco simile al Santuario del Legame del Fuoco del primo Dark Souls, saremo giunti alla linea di partenza del nostro lungo viaggio.

Highway to Drangleic: Da Majula potremmo muoverci liberamente in un mondo (quasi) completamente aperto chiamato Drangleic, e dico quasi poichè alcune aree saranno inizialmente inaccessibili a causa, ad esempio, di esigenza di trama o della necessità dell'aiuto di un NPC (personaggio non giocante). Dovremmo però far ritorno spesso all'hub centrale, poichè esso diventerà via via la casa di molti nuovi e singolari personaggi, tra i quali è presente un fabbro, e con i quali potremmo commerciare ed ottenere upgrade per l'equipaggiamento. Le interazioni con i vari NPC del gioco saranno inoltre molto interessanti sia a livello di trama sia a livello di possibilità da essi offerte: sarà sempre possibile scoprire qualcosa di nuovo riguardo all'universo di gioco parlando più volte con ognuno di loro. Majula sarà inoltre il luogo di residenza dell'Araldo di Smeraldo (citazione alla fanciulla in nero di Demon's Souls), ovvero una donna che ci permetterà di eseguire il level up con le anime
acquisite dai nemici sconfitti e aumenterà il numero  delle celeberrime fiaschette Estus a nostra disposizione. Salire di livello richiede infatti di dover parlare con l'Araldo e non più, quindi, di riposare ad un falò. Per fortuna in Dark Souls II ci è data la possibilità di teletrasportarci istantaneamente e sin da subito ad ogni falò che accenderemo durante la
L'Araldo di Smeraldo ed il falò saranno importantissimi per la prosecuzione del gioco.
nostra avventura. Majula risulta inoltre importante poichè bruciando nel fuoco un
particolare oggetto saremo in grado di aumentare la quantità di salute rigenerata dalle fischette Estus, le quali non saranno però l'unico oggetto curativo a nostra disposizione. Addentrandosi nelle varie aree che compongono il mondo di gioco potremo recuperare oggetti più o meno utili a seconda delle caratteristiche del nostro personaggio e fare la conoscenza di nemici assetati del nostro sangue che si faranno a mano a mano più potenti, dannosi e resistenti. In questo senso sono state apportate delle modifiche nel bilanciamento di attacchi, schivate e parate del nostro personaggio, i quali risultano avere frame diversi rispetto al primo Dark Souls (così da rendere inutili le consolidate tattiche apprese avendo giocato il primo capitolo), ma anche ad altre azioni quali il bere una fiaschetta Estus, che adesso sarà un'operazione più lenta ed andrà a restituirci la salute perduta molto più lentamente che in precedenza. Una volta presa la mano con il rinnovato sistema di combattimento ci troveremo però davanti a quelli che sono i più completi, dinamici e tecnici scontri di tutti gli RPG (giochi di ruolo) in terza persona. Ogni avversario presente in Dark Souls II garantisce un livello di sfida notevole e contribuisce a tenere sempre alta la soglia di attenzione ed il ritmo del gioco stesso, grazie anche ad una migliorata intelligenza artificiale che fa risultare gli scontri difficilmente evitabili. Inoltre, a differenza di quanto accadeva in passato, i nemici non ricompariranno in eterno nei vari livelli, ma potranno essere uccisi per un massimo di 12 volte ognuno. Ciò garantisce sì la possibilità di potersi aprire la strada in un'area particolarmente difficile senza il rischio di morire prima di arrivare al boss, ma sortisce anche l'effetto di totale frustrazione nel caso in cui ci capiti di morire per due volte
Dovremo sempre stare attenti ad ogni nemico.
di seguito perdendo per sempre le anime che un singolo nemico ci aveva dato. Al videogiocatore è inoltre richiesta una maggiore attenzione durante il gameplay, poichè ogni morte comporterà una riduzione del 5 % degli hp fino ad arrivare ad un minimo del 50% totale, i quali potranno essere ripristinati soltanto utilizzando una già citata effige umana. Ogni morte, quindi, ci avvicinerà sempre di più alla successiva. Ciò che maggiormente contraddistingue la saga dei "Souls" sono i combattimenti contro i famigerati boss: celeberrimi per non lasciare scampo ai giocatori avventati e spesso anche agli esperti, questi demoni sono da sempre temuti e rispettati, sortendo l'effetto di un accapponamento istantantaneo della pelle ogni volta che il giocatore si troverà di fronte ad una spessa coltre di nebbia. Alcuni dei boss di Dark Souls II raggiungono dimensioni veramente colossali e possono uccidere il personaggio con un paio di colpi, costringendoci quindi a valutare ogni mossa cercando di garantirsi sempre un ampio margine di sicurezza. Non tutti risultano però essere così ostici come nel capitolo precedente, e a volte l'unica cosa che questi mostri avranno di davvero terrorizzante sarà l'aspetto. Per quanto riguarda il rinnovato sistema di patti, esso vincola molto meno il videogiocatore rispetto a prima, garantendogli inoltre la possibilità di avere nuove feature per il pvp (giocatore vs giocatore) competitivo, come a esempio una maggiore probabilità di invasione, oppure cooperativo, come una maggiore probabilità di trovare altri giocatori disposti ad aiutarci.

Grafica ed aspetto tecnico: Sebbene Dark Souls II non presenti problemi frequenti nei videogiochi open world moderni quali ad esempio pop - up o aliasing, il confronto grafico con il passato non regge: si sente l'immediato bisogno di un salto generazionale quasi come d'inverno abbiamo bisogno delle calde giornate estive. Il motore grafico è stato spremuto fino al lmite dai ragazzi di From Software, con il risultato di avere

Alcuni scenari risultano comunque visivamente splendidi.
ambienti impeccabili sotto il profilo stilistico ma per niente sorprendenti sotto quello degli effetti come acqua, fuoco, ecc. La grandezza dei vari ambienti è stata inoltre ridotta per favorire l'inserimento di quanti più dettagli possibili all'interno dei vari scenari, garantendo immersività al tutto: non aspettatevi, quindi, un'altra Lost Izalith. E' risultato particolarmente fastidioso da questo punto di vista la notizia che è trapelata nei giorni successivi all'uscita del gioco, ovvero quella che confermava la proiezione dei trailer iniziali di Dark Souls II non sulle console Sony e Microsoft, bensì su un computer con settaggi al massimo. Il notevole downgrade grafico ha quindi colpito ancora più a fondo i cuori di coloro che si sono fidati della bontà di quei trailer e che sono stati inizialmente attratti dai grandi passi avanti a livello visivo visti nei suddetti filmati.  Le animazioni sono però di ottima fattura e la caratterizzazione visiva di personaggi, armature, nemici ed edificia è incredibilmente sorprendente e ben realizzata, Menzione d'onore per la colonna sonora, veramente splendida e capace, soprattutto nei boss di fine livello, di conferire agli scontri un tono ancor più epico di quanto le varie situazioni già non facciano.

Comparto online e multiplayer:
Chi era abituato a giocare costantemente il primo Dark Souls in forma di non morto per evitare invasioni ed un

confronto in pvp sarà rimasto deluso dal fatto che, adesso, non si possono più prevenire gli
Essere invasi quando siamo "vuoti" significa possedere meno hp.
scontri in tal modo: potremo essere invasi in qualsiasi momento e anche in forma non umana. L'aggiunta di server dedicati al pvp diminuisce la probabilità di incorrere nel
famigerato lag che una partita online costantemente si porta dietro quasi come una spada di Damocle, e sono stati cambiati i parametri di ricerca degli avversari, garantendo così lo scontro tra personaggi più o meno dello stesso livello. Invariato il sistema di cooperazione tra i giocatori, i quali potranno lasciare segni di evocazione in qualsiasi punto dei vari livelli per permettere ad altri di evocarli, così da aiutarsi l'un l'altro a vicenda, come invariata rimane la possibilità di evocare phantom controllati dall'intelligenza artificiale.




Conclusioni:
 

Pregi:
- Il perfetto sistema di combattimento che non stanca mai.
- L'ambientazione, sempre piena di fascino.
- Le sottotrame nascoste e sempre piacevoli da scoprire.
- La soddisfazione di abbattere un boss ripaga appieno lo sforzo fatto per sconfiggerlo.


Difetti:
- Il downgrade grafico rispetto ai trailer, veramente deludente ed inaspettato.
- Alcuni boss non troppo ispirati, sia per il design sia per le meccaniche.
- Eccessiva facilità di alcuni passaggi che non ti aspetteresti in un gioco della saga dei "Souls".
- In certi passi è stato attinto forse un po' troppo dal capitolo precedente.


SPAZIO AI NUMERI:
Grafica: 7 - Un vero peccato, perchè lo stile c'era tutto.
Gameplay: 9,5 - Pressochè perfetto.
Sonoro: 9 - Coinvolgente e d'atmosfera.
Divertimento: 8,5 - Dark Souls II è proprio come una donna: la ami e la odi allo stesso momento.
Longevità: 8,5 - Potenzialmente infinito tra online e la modalità "nuova partita +", ma 35/40 ore per una prima passata non sono poi molte per un GDR

.
Voto finale e commento: 8,5 - Poso il joypad dopo aver battuto il boss finale. Stranamente è ancora tutto intero. I titoli di coda scorrono, la colonna sonora è bellissima. Mi sento stanco. Mi sono arrabbiato diverse volte giocando a questo titolo. Ma è questa l'essenza di Dark Souls II: provare, fallire, riprovare, fallire di nuovo e poi, finalmente, riuscire. Ed essere soddisfatti di avercela fatta, consapevoli di essere migliorati e di aver appreso qualcosa che ci sarà utile. Questo gioco non è un capolavoro, è vero, è "solo" un ottimo sequel, e si sente il bisogno di un cambio di rotta per il futuro, ma attraversare Drangleic, conoscere i suoi abitanti e uccidere i vari nemici inebria la mente con un senso di onnipotenza difficile da ritrovare nel mondo videoludico odierno. Perle così sono comunque oggetti rari. Consigliatissimo a tutti gli amanti dei giochi di ruolo, neofiti e non.

venerdì 9 maggio 2014

Un viaggio nella propria fantasia

Premessa: Spero che chi leggerà questo articolo capisca che ciò che scriverò non sarà altro che una serie di opinioni personali basate sul mio modo di pensare e di vedere il mondo videoludico e che quindi non devono essere prese (e di conseguenza criticate a priori) come "verità assoluta". Vorrei solo farvi riflettere sulla situazione che sta attualmente vivendo la nostra più grande passione, quindi tenete presente che io sono dell'idea che uno possa giocare a quello che vuole (e ciò dovrebbe davvero essere ovvio per uno che legge articoli sui videogiochi.)

Un viaggio nella propria fantasia
Sono questi i producer "vicini" ai consumatori.
 Ci sono dei momenti in cui entro in un negozio di videogames non con l'intento di acquistare un gioco ma semplicemente, ad esempio, per informarmi sulle nuove uscite, osservare le occasioni che il mercato dell'usato offre o, più banalmente, respirare quell'aria così carica di fantasia e sentire quei discorsi della gente così intrisi di divertimento e risa che ti fanno sentire come a casa. Ovviamente, in varie di queste occasioni, cercando tra i vari scaffali mi capitano tra le mani vari videogiochi di molti generi diversi: Si passa dagli sparatutto in prima persona a quelli in terza, dagli action con combattimenti all'arma bianca agli adventure carichi di pathos, dai giochi di ruolo vasti e praticamente illimitati agli open world dalle più svariate ambientazioni. Ma, periodicamente, trovi confezioni di videogiochi che giaccono lì da anni e riportano lo stesso titolo sulla copertina dall'epoca ps2: Call of Duty, Need for Speed, Fifa, Pes... (solo per citarne alcuni). Ed è in quel momento che penso. Penso a come erano quei videogiochi 6 o 7 anni fa. Ed erano effettivamente diversi. Ma è lì che mi ritrovo a riflettere sul concetto di "diverso": diverso vuol dire che cambia nome? O vuol dire che cambia stile, gameplay e design? O che cambia sviluppatore? O sta semplicemente a significare che è stato tolto il numero dell'edizione precedente e sostituito con quello della successiva? E poi la tua mente vaga, vaga fino a che non inizi a toccare con mano quel limbo che divide la tua comune ignoranza dalla conoscenza assoluta dei pensieri degli sviluppatori. Ti immagini quindi che coloro che sono incaricati di sviluppare i vari CoD o Fifa semplicemente rifilino ai loro fan lo stesso videogioco a cadenza annuale per estorcere loro 70 euro (70.98, l'IVA è l'IVA.). Però poi pensi che potrebbero essere anche le varie major a imporre un certo metodo di lavoro, e ti chiedi se ciò sia eticamente giusto. Ma anche lì ti ritrovi a chiederti che cosa sia "l'etica videoludica", e soprattutto se essa esista e chi ne sia il garante. Perchè se tu hai toccato con mano la conoscenza assoluta dei pensieri degli
Gli FPS più famosi riuniti in una sola copertina.  
sviluppatori allora puoi anche capirli: il ferro si batte fino a che è caldo. Riflettendoci, chi non lo farebbe? Certo, queste considerazioni cadrebbero nel nulla se solo non ci fossero milioni e milioni di persone che ogni anno, a Novembre o giù di lì, 70 euro a questi qui glieli danno pure. E nella tua testa ti domandi: cos'è che spinge il videogiocatore moderno a comprare ogni volta lo stesso gioco e a provare gusto, divertimento e stupore nel maneggiare una mitragliatrice MP6 (che nel videogioco dell'anno prima si chiamava MP5. Oh, ecco dove sta la diversità.) e camperare in giro per delle mappe che sembrano grandi corridoi? Questa si che è una bella domanda. Io credo che sia un po' come un anniversario di nozze: magari una coppia ha già festeggiato quattro anniversari di fila in vari ristoranti e per il quinto decide di prenotare una bella cenetta fuori. Stesso cibo, stessa coppia, stesso conto, luogo diverso. E ovviamente tu, marito o moglie che sia, stai bene, sei felice, mangi, bevi e ti diverti. Se non fosse per quel cameriere un po' acido che proprio non riesce a starti simpatico. Con i videogiochi è la stessa identica cosa: ritrovi le tue armi (o le tue automobili, o i tuoi calciatori...), le tue modalità, il tuo multiplayer... Le cose che ti divertivano allora ti divertono adesso. E il cameriere è semplicemente un player che gioca sporco. Nabbo. Il problema è che l'industria videoludica non è più in crescita come lo era agli albori di ps3 o Xbox360. Intendiamoci, se uno leggesse solo i numeri del fatturato delle varie console con i profitti Sony, Microsft e Nintendo ci si potrebbe sfamare la Nuova Papua Guinea. Io sto parlando di una crisi di idee. In questo mondo che va sempre più veloce i giochi devono uscire in quella precisa data perchè le major sanno che saranno un successo di vendite e quindi le software house anche se si volessero impegnare a consegnare al pubblico un gioco rifinito non ne avrebbero il tempo e lo devono fare uscire così, come quello dell'anno prima. Tutto questo a discapito delle nuove idee, di quei videogiochi chiamati "indie" perchè nessuno vuole apprezzarli perchè troppo impegnato in un deathmatch o in un Barcellona - Real Madrid. Quindi alla fine di questo trip mentale che ti sei fatto cosa concludi? Conlcudi semplicemente che, nonostante i videogiochi a cadenza annua ti verranno venduti sempre allo stesso prezzo del lancio, nonostante sai benissimo che al massimo cambieranno due o tre animazioni e nonostante la qualità di tali titoli sia nettamente inferiore a quella di altri considerati "di nicchia", ci sarà sempre qualche milione di persone che comprerà quei videogiochi, convincendo le grandi software house ad annunciare un nuovo capitolo. In questa industria non c'è più spazio per le nuove idee. Mai un singolo gioco che rimanga "singolo", come un fulmine a ciel sereno, devono sempre essere tutte trilogie o addirittura... quadrilogie e quintologie (perdonate i neologismi), solo e soltanto perchè hanno venduto così tanto che alla fine basta rifarne uno uguale e dargli lo stesso titolo e se lo compreranno tutti. Ma io no, io non ci sto. Io sono entrato in quel maledetto negozio per trovare qualcosa che piaccia a me, qualcosa che magari non si è comprato nessuno o qualcosa che per molti viene considerato una crosta perchè non si spara oppure perchè non ci sono i pacchetti di figurine virtuali da scartare, qualcosa che diverta me ed i miei amici. Perchè è questo lo spirito che ogni videogiocatore dovrebbe avere, quello di divertirsi, di stare insieme anche a distanza con delle semplici cuffie, quello di immergersi in un mondo così fantastico da farti dimenticare i problemi. E poi puff, tutti i tuoi pensieri finiscono, il tuo bellissimo viaggio sull'autostrada della fantasia che ti aveva portato a conoscere tutto lo scibile umano cessa all'improvviso, e tu non hai concluso nulla ed hai perso un'ora del tuo tempo. Quindi alla fine vale davvero la pena di dannarsi l'anima per trovare un videogioco di qualità che non sia stato pensato solo per corrompere il Dio Denaro? Si, ma a pensarla così siamo rimasti in pochi, e questo è un mondo dove è la massa a controllare il mercato. 
Mai slogan fu più azzeccato.