giovedì 22 ottobre 2015

Let's talk about... Social Network

Let's talk about... Social Network



Con questo titolo, che tanto assomiglia ad una consegna di un tema di seconda liceo, volevo sentirmi un po' di più “blogger” nel senso più dispregiativo che il termine ha assunto in termini recenti, ovvero di colui che, non avendo un proprio pensiero autonomo, cavalca la cresta dell'onda e parla di argomenti sempre molto chiacchierati. Sì, credo proprio che questa definizione mi appartenga.
Sperando con tutto il cuore che questo articolo non risulti infine essere una summa di banalità e ovvietà, vi deluciderò sul perché io abbia deciso di toccare questo argomento: la verità è che non possiamo prescindere dai social network. Chiunque stia leggendo questo articolo o ci è arrivato tramite Facebook, o tramite Twitter, o tramite Google+ e via discorrendo, perché oramai tutti siamo connessi con tutti. Sempre. Ma prima di iniziare con il discorso vero e proprio, è bene ricorrere a nozioni di base chiarificatrici.
Per Social Network s'intende (e qui mi avvalgo del Santissimo Wikipedia, che oramai andrebbe personificato e venerato come un Dio per quante volte ci salva le terga anche senza che noi ce ne accorgiamo) “un servizio internet il quale, sfruttando le capacità offertegli dai moderni dispositivi tecnologici, consente la gestione dei rapporti sociali”, facilitando la comunicazione e permettendo la condivisione di qualsivoglia tipo di materiale, scritto, visivo o audio.
Va' inoltre chiarito che non tutti i Social Network sono uguali, e qui mi permetto di introdurre tre principali categorie.

La prima, del quale l'esponente più famoso è sicuramente Facebook, ma prima di esso vi era l'oramai defunto MSN, riguarda i Social Network che servono, perlomeno in origine, a mettere in contatto tra di loro le persone. Come si può notare dall'impostazione del Social, infatti, esso si concentra maggiormente sul fornire la possibilità a due o più utenti di parlare tra di loro. E' chiaro che oramai quasi tutti i Social dispongono di una opzione per inviare messaggi, ma per quanto riguarda Facebook la mia opinione è che per annoverare una persona tra gli “amici” (se non lo facciamo per fare numero, perché boh, se hai 3000 amici di cui ne conosci solo l'1% evidentemente sei un figo) bisogna conoscerla o averci scambiato due parole. Facebook si concentra più sulle “persone” che non sui “contenuti”: capita raramente di aggiungere qualcuno perché ci piace quello che condivide.

Di impostazione diametralmente opposta è invece Twitter (così come Google+), che io riconduco a capostipite della mia personalissima seconda categoria: esso è infatti basato non sulla conoscenza fisica di una persona, bensì gli utenti interagiscono tra di loro mediante i contenuti condivisi e capita non di rado che due persone possano aggiungersi, parlarsi e scambiarsi opinioni senza mai scambiarsi il proprio vero nome. La popolarità di Twitter è cresciuta vertiginosamente per due cause specifiche:
A) Innanzitutto, su Twitter è possibile interagire direttamente con personaggi dello spettacolo, che siano essi calciatori, attori, cantanti, scrittori..., ricevendo a volte anche delle risposte dagli stessi. Ciò abbatte quasi completamente la barriera tra fan e idolo, ed è una cosa che probabilmente nemmeno i fondatori stessi del Social si aspettavano.
B) Come poc'anzi messo in evidenza, il fatto di poter raggruppare numerose persone per “nuclei tematici comuni” più che per conoscenza diretta ha permesso che si venissero a creare le cosiddette “tendenze”: esse sono una lista dei dieci hashtag (il simbolo “#” che sta spopolando ovunque e che permette di trovare determinati contenuti grazie al motore di ricerca interno di Twitter) più popolari del momento, in continuo aggiornamento. Cliccando sopra ad un contenuto ci apparirà una lista in tempo reale di persone che hanno usato quel determinato hashtag, consentendo così la formazione di piccoli e temporanei “fandom”, comunità di persone con, appunto, interessi comuni, che commentano tutte lo stesso evento in tempo reale, come se fossero in un enorme salotto virtuale, tutte davanti alla stessa Tv.

All'ultima categoria appartengono Social considerabili forse un po' più “di nicchia”, non tanto per la scarsità di contenuti quanto piuttosto poiché sono poco conosciuti se non da determinate fasce d'utenza. A questa categoria faccio appartenere soprattutto i Social votati più propriamente alla diffusione di immagini, siano esse foto personali (ed è questo il caso di Instagram) oppure fan – art, disegni, vignette e quant'altro (ed è questo invece il caso di Tumblr o Pinterest). Per l'appunto, tali Social servono soprattutto per la condivisione di contenuti visivi e sono poco adatti sia per lo scambio di contatti, sia per la pubblicazione di testi o video. Per certi versi, essi potrebbero addirittura non venir considerati Social Network, ma come recenti statistiche dimostrano, la popolarità di Instagram nello specifico sta raggiungendo i livelli di Facebook e Twitter, che per adesso la fanno ancora da padrone, e perciò merita di essere annoverato tra i Social a tutti gli effetti. E da ciò io mi chiedo, e mi si passi il termine, il motivo di cotanta poplarità sarà mica la smisurata quantità di figa che si esibisce in foto e pose degne delle migliori porno - attrici di Penthouse? Per Tumblr il discorso è ancora diverso, in quanto come accennavo poco fa l'utenza è diversa rispetto a quella classica degli utilizzatori dei Social: in questo caso ci sono perlopiù amanti di videogiochi, anime, manga, serieTv, film, disegnatori professionisti e amatoriali che pubblicano le loro creazioni anche su DeviantArt e via discorrendo. Si potrebbe dire che su Tumblr a postare siano i cosiddetti “esclusi”, quella particolare classe di cui mi fregio di far parte che quando era alle medie veniva presa in giro per i più vari e disparati motivi.

Tornando alla domanda iniziale, “perché parlare di Social Network?”, vorrei rispondere facendo io una domanda a voi: ma non staremo esagerando? Ma non nel senso che condividere foto dei pasti che si stanno per consumare corredandole di commenti da cerebrolesi possa essere considerato “esagerato”, no, secondo me andiamo addirittura oltre. I politici, ad esempio, usano Facebook e Twitter come nuovi veicoli per fare propaganda elettorale, come durante la Seconda Guerra Mondiale hanno utilizzato la Radio e poi nel ventennio Berlusconi è stata usata la televisione. Nuovi miti vengono forgiati dal nulla grazie alle potenza di internet: siamo riusciti ad avere Magalli che prende cinque voti alle elezioni per la Presidenza della Repubblica, capite? Ci rendiamo conto che Gianni Morandi ha più likes di Papa Francesco? - “Che cosa chiede a San Gennaro?” “Ma sono Giapponese” - e in poche ore diventa virale. Nessuno, e dico nessuno, può fare a meno di non conoscere quel video. Soltanto per fare un esempio.
E poi, riusciamo a renderci minimamente consapevoli che nessuno si conosce veramente, sui Social? Che essi sono forieri di iniquità e prese in giro? E questa è tutta colpa della nuova classe di persone che si è venuta creandosi proprio grazie alla diffusione dei Social, i cosiddetti “leoni da tastiera”, quelle belle persone che, tranquillizzate dalla presenza di un bello schermo che li protegge, si permettono di far soffrire quelli più deboli e più sensibili di loro. Si è diffuso il cyberbullismo, perché non bastava che i sedicenni omosessuali si suicidassero perché venivano presi per i fondelli a scuola, eh no, dovevamo fare ancora un passettino verso il “Disagio della Società” (Freud, quanto ci vedevi giusto).
Perfino l'Isis usa Twitter. Lo usa per rivendicare gli atti di terrorismo che compie, con esso cerca di fare proselitismo e ci informa della buona riuscita delle sue “imprese”. E tutto questo dovrebbe aiutarci a tenerci connessi, a farci sentire “Social”, ovvero parte di una società con degli interessi in comune? In tutto questo io, di “Social”, non ci vedo proprio un cazzo.
Nicola Bertilotti

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