mercoledì 11 marzo 2015

The Evil Within review


Anno di pubblicazione: 2014
Piattaforme: PS4, PS3, XboxOne, Xbox360 (Provato e recensito per: PS4)

Prefazione.
Il confine tra pazzia e realtà talvolta è labile, a tal punto che non si è più in grado di distinguere l'una dall'altra. E' proprio in questo limbo che finisce Sebastian Castellanos, protagonista della nuova IP targata Bethesda, The Evil Within. Il detective americano, assieme a tre suoi colleghi, viene chiamato ad investigare una spaventosa serie di omicidi al Beacon Mental Hospital, l'ospedale psichiatrico di Krimson City, fittizia metropoli del gioco. Ciò che Sebastian e i suoi compagni troveranno al suo interno sarà solo il preludio agli orrori che, inconsapevoli, saranno costretti a vivere: al Beacon non è accaduto solo un banale episodio di cronaca nera, bensì all'interno di quelle mura, ora insanguinate, sono avvenuti, e tutt'ora avvengono, strani fatti che trascendono il confine della realtà e sfidano le leggi che governano il nostro mondo. Siete pronti ad entrare nella mente di un folle?




Gameplay. The Evil Within appartiene al genere dei Survival Horror. Ciò che ci si potrebbe quindi aspettare è una difficoltà elevata, penuria di risorse quali munizioni o bende per curarsi e un'atmosfera cupa e inquietante. Il videogioco soddisfa in parte le nostre aspettative, sorprendendoci sotto alcuni punti di vista e disattendendo le nostre speranze sotto altri profili. Il titolo è stato diretto da Shinji Mikami, il "papà" di Resident Evil, ed è quindi ovvio che i richiami a questo brand siano molti, così come molti sono gli elementi ripresi dai vari Silent Hill (primo tra tutti l'atmosfera di certi capitoli) e dal più recente The Last of Us. Ma scendiamo più nel dettaglio.
L'avventura si dipana nel corso di 15 capitoli dalla lunghezza variabile (per completare il gioco alla seconda delle tre difficoltà disponibili inizialmente si impiegano mediamente 11 - 13 ore) che alternano fasi tipiche di un survival a fasi marcatamente più shooter, tipiche invece di un tps (sparatutto in terza persona). Quest'ultime, a lungo andare, snaturano il gameplay di fondo del titolo, andando ad inserire forzatamente alcuni scontri a fuoco che non aggiungono nè tolgono nulla al dipanarsi della narrazione. Questo fatto viene accentuato dalla presenza di alcuni curiosi trofei, che ci richiederanno, ad esempio, di uccidere x nemici oppure di completare il gioco in y ore, ovvero cose che con una
In questa situazione sarà necessaria una buona mira.
impostazione da survival hanno ben poco a che vedere. Come di consueto per questo genere di titoli controlleremo il protagonista, il detective Sebastian Castellanos, e ci muoveremo all'interno di scenari disseminati di aberrazioni, creature mostruose e trappole. Le armi a nostra disposizione, oltre ad un attacco in mischia dall'utilizzo prettamente difensivo che permette di allontanare per qualche secondo i nemici, sono versioni generiche delle armi più comuni al mondo: un revolver, un fucile a pompa, un fucile di precisione e via dicendo. Seppur non aggiungendo nulla di nuovo, The Evil Within assume nei confronti delle armi una impostazione "realistica", garantendo così un feeling con le stesse tutto sommato buono: uccidere un nemico colpendolo precisamente alla testa senza l'ausilio di alcun mirino supplementare e con colpi limitati garantisce una discreta soddisfazione. Unica arma un po' più originale è la balestra denominata "Agonia" non tanto per il dispositivo in sè o la varietà delle munizioni disponibili (Si veda, ad esempio, la balestra di Rage), quanto per la possibilità che il gioco ci offre di disarmare le trappole disseminate per gli ambienti e creare via via i dardi che ci risulteranno più congegnali, i quali vanno dai normali arpioni, a quelli congelanti, a quelli elettrificati. Alcuni nemici possono essere uccisi sgattaiolando silenziosamente alle loro spalle e attaccandoli con il coltello. Inoltre, i nostri avversari potrebbero rialzarsi anche una volta inflitta loro una consistente quantità di danni: per tale motivo sarà importante bruciare i corpi dei nostri nemici tramite l'utilizzo di fiammiferi che potremo recuperare all'interno delle varie ambientazioni. L'impostazione realistica di fondo viene mantenuta anche per quanto riguarda la barra dell'energia, ovvero un segnalatore della resistenza di Sebastian che si consumerà velocemente correndo: per tale motivo, il ritmo dell'azione non è mai troppo frenetico. Le abilità del protagonista, sia riguardanti la riserva di munizioni trasportabili, sia la perizia con le armi, sia la quantità di salute, possono essere potenziate tramite l'utilizzo del gel verde, ovvero una sostanza disseminata nei livelli e nelle varie aree opzionali e che potremo quindi accumulare. In alcune aree predeterminate all'interno del gioco, riconoscibili da una melodia udibile nei pressi delle stesse e dalla presenza di uno specchio, sarà possibile accedere alla stanza del detective all'interno del
Non proprio il tipo di ragazza che presenteresti a tua madre.
Beacon Mental Hospital, e da lì avere accesso ai potenziamenti. Un elemento che è parso essere fuori posto è stata l'aggiunta di numerosi boss alla fine di determinati capitoli: non che questi scontri siano noiosi, o troppo facili, o troppo difficili, ma non se ne capisce l'utilità in un survival horror, per di più improntato sull'elevato tasso di sfida che i nemici normali costituiscono, come The Evil Within. Da questo fatto nasce quindi uno strano conflitto idelogico tra radici da survival, quindi, e una più "moderna" impronta tps. L'atmosfera che pregna il titolo è solo a tratti quella tipica di un videogioco horror puramente detto: The Evil Within, infatti, si preoccupa maggiormente di disgustare il videogiocatore con scene di decapitazione, esperimenti su organi interni e aberrazioni truculente e grondanti sangue che appaiono assai di frequente. Ed è proprio lì che il titolo targato Bethesda fallisce maggiormente: The Evil Within non fa paura. Certo, la sua atmosfera buia e claustrofobica, unita ad un comparto sonoro e a degli effetti di luce a tratti impressionanti contribuiscono ad instaurare in chi gioca un costante senso d'ansia abbastanza opprimente, specialmente in alcune fasi, ma lo spavento vero e proprio, il "jumpscare", per dirla all'inglese, non arriva mai. Nel corso dell'avventura abbiamo anche spunti di gameplay originali, come ad esempio fasi nelle quali la telecamera si sposta inquadrando da davanti il protagonista e noi dobbiamo sfuggire ad un lama che ci insegue lungo un corridoio, oppure momenti nei quali nascondersi da un nemico in un magazzino completamenta infiammabile, al cui interno è impossibile sparare con le armi, è la cosa migliore. Queste fasi si riducono però ad essere lunghe non più di qualche minuto, risultando essere soltanto gocce in uno sconfinato mare di "già visto". Sono proprio questi fattori, ovvero la troppa somiglianza ad altri brand e la scarsa originalità del gameplay di base, ad affossare la giocabilità di The Evil Within: seppure il titolo si lasci giocare per tutta la sua durata, infatti, in termini di gameplay non lascia nulla al videogiocatore, in quanto un buon tre quarti delle situazioni che gli si parano davanti sono già state affrontate in uno o più titoli differenti.

Grafica e aspetto tecnico. The Evil Within utilizza il motore grafico sviluppato da Id Software, ovvero l'Id Tech 5 (con il quale è stato realizzato lo splendido Wolfenstein: the New Order). La differenza tra i due giochi salta subito all'occhio, non tanto per la qualità generale quanto per il diverso utilizzo che i titoli fanno dello stesso engine: ambienti con colori vividi e nitidi per Wolfenstein, luoghi claustrofobici e bui per The Evil Within. Quest'ultimo, inoltre, essendo stato sviluppato anch'esso a cavallo tra due generazioni di console, mostra più del dovuto una grafica che potremmo impropriamente definire "vecchia": il gioco non brilla di certo per una risoluzione incredibile o un fotorealismo degli interni, ma anzi, alcune texture, se osservate da vicino, sono davvero povere, e dettagli come gli insetti all'interno delle abitazioni sono praticamente in 2D. The
Un esempio dei fantastici giochi di luci e ombre.
Evil Within
sopperisce alla mancanza di qualità con una direzione artistica brillante e con degli effetti particellari davvero ottimi: ogni angolo buio cela una scia di sangue, o una lanterna che proietterà una spaventosa ombra su Sebastian che ci farà sobbalzare dalla sedia. L'adozione del formato in 21:9 anzichè in 16:9 e la presenza di due barre nere adibite a "rimpicciolire" la superfice dello schermo sulla quale viene proiettato il gioco faranno la gioia degli amanti del cinema. Va' detto che questo espediente non è fastidioso per l'occhio, ma anzi ci si tende a dimenticare dopo pochi minuti dell'esistenza delle barre. E' però quanto mai ovvio che questa soluzione sia stata adottata per mascherare alcuni difetti di risoluzione che sarebbero altrimenti stati sin troppo visibili. Il frame rate, stabile sui 30 fps, non cala mai, neppure nelle situazioni con più nemici o oggetti a schermo, e ciò è un pregio. L'impatto generale con gli ambienti è buono, come buono è anche il level design dei vari capitoli, soprattutto nella seconda metà del gioco. I modelli dei personaggi principali sono accettabili, pur non essendo niente di trascendentale. Per quanto riguarda i nemici, invece, le creature che popolano il folle mondo di The Evil Within sono tutte abbastanza ispirate in quanto a design, frutto di una notevole fantasia e di uno spiccato gusto per l'orrido. Le animazioni del detective Castellanos, pur essendo a volte abbastanza legnose, rimangono nel complesso buone. In sostanza, il nuovo titolo targato Bethesda riesce a mantenere una qualità nella media, senza picchi nè particolari cadute, per la sua intera durata.


Tu ci hai capito qualcosa...?
Chiedendo ad un vostro amico che cosa ne pensa di The Evil Within, questa sarebbe di sicuro la domanda che egli vi porrebbe. La trama del gioco non é, di per sé, scritta o sceneggiata male, ma anzi dimostra una notevole profondità e può dare luogo ad una lunga serie di speculazioni che possono occupare i vostri discorsi per parecchio tempo. Ciò che lascia maggiormente a desiderare, invece, é la narrazione: la trama ci viene presentata attraverso cutscenes (che utilizzano la stessa grafica del gioco), solitamente parecchio enigmatiche e misteriose, oppure attraverso il ritrovamento di registrazioni (simili ai voxafoni del recente Bioschock: Infinite) sparse per i vari livelli. Questi espedienti, essendo volutamente nebulosi, non chiariscono appieno che cosa stia succedendo, accentuando da una parte il senso di stare vivendo un vero e proprio incubo, ma lasciando il più delle volte spiazzato e stranito il videogiocatore. La speranza di un finale chiarificatore viene disattesa, poiché esso lascia ancora più dubbi in chi gioca: i vari pezzi del mosaico non combaciano mai fino in fondo, molte cose non vengono spiegate ed altre si possono solamente intuire. Con il senno di poi, rigiocando l'avventura conoscendo già il dipanarsi degli eventi, si possono notare molti più dettagli rispetto ad una prima passata, ma va comunque segnalato che una narrazione fin troppo frammentaria e lacunosa affossa quella che può essere sicuramente considerata una trama ben scritta e con notevoli spunti per il futuro della saga.

Conclusioni.
 Pregi:
- Gameplay di fondo solido e convincente.
 - Tasso di sfida soddisfacente.
 - Atmosfera cupa e claustrofobica.
 - Trama ben scritta...

Difetti:
- ...Ma narrata in maniera fin troppo lacunosa e frammentaria.
- Scarsa originalità e troppi richiami ad altri brand.
- Fusione di genere tra uno sparatutto in terza persona ed un survival horror riuscita piuttosto male.
 - Alcune texture poco dettagliate. Qualità generale nella media, ma non sfrutta per nulla il potenziale delle console next - gen.



 Spazio ai numeri
Grafica: 7,5 Impatto generale buono e ottimi effetti particellari, ma texture slavate e in bassa qualità.
Gameplay: 7,5 Solida giocabilità, che contribuisce a far scorrere il titolo liscio per tutta la sua durata, ma scarsa originalità e troppi richiami ad altri brand.
Divertimento: 7 Buona difficoltà e ottimo feeling con le armi, ma la commistione di generi affossa l'impatto generale.
 Sonoro: 8,5 L'aspetto più positivo del titolo: i grugniti delle creature, il rumore sordo dei passi, il rimbombo di una porta chiusa con violenza... Tutto é riprodotto magistralmente e contribuisce a creare la giusta atmosfera.
 Longevità: 8 Campagna single player che si attesta sulle 11 - 13 ore, 4 livelli di difficoltá, niente multiplayer o online. Possibilità di affrontare il gioco in "nuova partita +"

Voto finale e conclusioni: 7,5 The Evil Within non é né un brutto titolo, né un capolavoro. Ha i suoi difetti, sia a livello tecnico che nel gameplay, ma si lascia giocare per tutta la sua durata, senza particolari picchi né cali. In un possibile seguito si dovrà fare tesoro degli aspetti positivi di questo capitolo ed eliminare i difetti, così da rendere The Evil Within una IP degna dei grandi nomi per console.